CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

Responsabile: dr. Elvira Reale

 

 

Wanda e la sottomissione al marito

D - Quale problema l'ha condotta al Servizio?

R - Erano molti anni che vivevo con problemi per me enormi. Enormi perché a furia di rimandarli ed accumularli uno sull'altro erano diventati una vera montagna.

D - In concreto,  questa montagna di cosa si componeva?

R - Si componeva di dissidi in casa, incomprensioni tra me e mio marito: questo era poi l'argomento principale. Mi sentivo bisognosa di amore che mio marito non mi dava, avevo il desiderio di educare i figli in un certo modo, mentre mio marito voleva educarli alla sua maniera, come suo padre aveva fatto con lui, con una mentalità antiquata, dicendo che comandava lui e che aveva il diritto di educare i figli a modo suo. Poi nei litigi, lui offendeva sempre, mi mortificava, mi annientava; ed io mi chiudevo in me stessa piena di rancore e di odio verso di lui.

D - Quando ha deciso di venire al Servizio?

R - Io sono venuta la prima volta al Servizio alcuni anni fa. Allora venni 4-5 volte. In quel momento mi sentivo forte per prendere una decisione, anche qui al Servizio mi dissero che non potevo sperare nel cambiamento di mio marito,  ma che dovevo fare qualcosa io. In quel periodo mio marito ne aveva tanta di colpa! Si era invaghito della moglie di un suo cugino per cui passava le giornate intere da questi. Io mi sentivo di stare dalla parte della ragione e mi dicevo:”ora mi metto a lavorare, i ragazzi rimangono con me nella casa  e mio marito se ne deve andare" . All'epoca fui dissuasa da mia figlia che aveva 13 anni e che si mostrò molto angosciata all'idea della separazione dei genitori. Quando invece tornai qui successivamente, mia figlia, presente al colloquio iniziale, negò di aver mai espresso un rifiuto per la separazione.

D - Quali erano allora i suoi sintomi?                                                                              

 R - Stavo proprio a terra, non avevo la forza di far niente, mi facevo pestare, mi facevo offendere, non avevo la forza di reagire. Non dormivo la notte, lo stomaco mi si lacerava dal dolore, specialmente quando mio marito diceva: "Andiamo da mio cugino, andiamo da M.". Nel momento in cui lo diceva mi veniva mal di stomaco. Si voltava tutto a mal di stomaco.

D - Allora interruppe il rapporto con il Servizio?

R - Si, non portai avanti la terapia perché mia figlia mi disse che io venivo qui solo per divorziare da papà, e che non c'era bisogno di venire qui  per fare questo.

D - Come cambiò la situazione all'epoca?

R - Lui diceva che io mi inventavo tutto, che ero pazza, e che con la moglie di suo cugino non c'era niente. Intanto correva sempre là anche nei giorni festivi e trascurava anche i figli. Così i miei figli cominciarono ad accorgersi dei difetti del padre ed anche mia figlia iniziò a darmi ragione. Poi con mio marito ci furono tanti scontri per questa donna: io gli dicevo che questa era una  approfittatrice, una che aveva solo bisogno di più corteggiatori. Poi anche mio marito se ne rese conto perché questa cugina cominciò a frequentare un altro uomo e tolse di mezzo mio marito. Poi mio marito si é riaffezionato a me. Ha cominciato a dire che era di nuovo innamorato di me, ma i contrasti non erano svaniti, il suo modo di pensare era sempre quello, quindi ogni giorno ci si cozzava sempre sulle stesse cose

D - Ora vediamo perchè é venuta la seconda volta a questo Servizio.

R -  Sono venuta di nuovo qui perché a un certo punto mia figlia si è stancata e ha cercato di togliersi la vita.

D - Perché sua figlia l'ha fatto?

R - Perché era stanca di tutte le proibizioni del padre. Non poteva uscire, non poteva andare al cinema, prendeva degli appuntamenti e poi all'ultimo momento li doveva disdire, oppure non si presentava. Poi il giorno dopo non voleva andare a scuola perché si vergognava di presentarsi agli amici con i quali aveva avuto 1'appuntamento. Mia figlia allora piangeva tutte le sere. Poi, una mattina, intorno all'8 marzo di due anni fa, andai nella camera di mia figlia per svegliarla e trovai che aveva preso tutto il flaconcino di pillole per dormire

D - A questo punto lei si é decisa a venire al Servizio?

R - No, non é stato subito dopo questo fatto. Allora mia figlia risolse il suo problema andandosene da casa, e da allora sta bene, felice contenta. Il mio problema, per il quale mi sono rivolta al Servizio, é cominciato quando mia figlia é andata via. E successo che tutte le cose che in quegli anni avevo ingoiato, conservato, assimilato mi sono esplose dentro. Mi sono esplose sotto forma di vertigini. E' capitato la prima volta in estate (dopo che mia figlia se ne era andata) mi ero svegliata da poco, era agosto, e dopo aver preso il caffé, stavo sbattendo a terra. Mi sono messa, trascinandomi, a letto e lì è stato peggio. Ho visto la casa che mi girava intorno e non avevo più la forza di alzarmi.            

D - Dopo si sono ripetuti?

R - Si sono ripetuti e mi duravano due giorni. In quei giorni mi sentivo proprio una nullità. Decisi di andare dal neurologo che mi ha dato dei farmaci che mi hanno sul momento aiutata. Poi le cose sono peggiorate: ero arrivata al punto di sentirmi completamente cretina perché piangevo per un nonnulla. Bastava che incontravo qualcuno che mi chiedeva come stava mia figlia che mi mettevo a piangere anche in pubblico. Col neurologo quindi non ho ottenuto nulla perché i problemi c'erano, e non si potevano togliere con i farmaci. Solo i giramenti di testa si erano tolti ma erano rimasti la nausea, il vomito, il mal di stomaco, e poi rimaneva la voglia di non far niente                                   

D - In questo periodo come trascorreva la giornata?

R - Facevo tutto con estrema lentezza, mi trascinavo da una stanza all'altra per fare i servizi. Per fare una cosa ci mettevo quattro ore; rimuginavo sempre e stavo proprio male. Poi non riuscivo più ad avere rapporti sessuali con mio marito. Quando si avvicinava mi veniva da rimettere. Mi sentivo costantemente un nodo alla gola, non sapevo proprio come risolvere la situazione, sentivo il bisogno che ci fosse qualcun altro a dirmi cosa dovevo fare! A mia figlia poi non dicevo più nulla per non opprimerla con i miei problemi e le dicevo invece che stavo bene.                                                                       

D - Prima di venire al Servizio pensava già di vivere una vita difficile?                          

 R - Ero molto insoddisfatta, avevo un sacco di cose da rimproverarmi, prima fra tutte la mia debolezza. 

D - Si é sempre sentita debole?

R - No, prima di sposarmi ero abbastanza soddisfatta del mio modo di essere, ed anche dopo appena sposata. Mio marito mi apprezzava e mi ammirava molto perché diceva che io mettevo davanti a tutto le mie responsabilità, i miei doveri e tutto il resto passava in seconda linea.                                                              

D - Le piaceva essere in questo modo?

R - Non é che mi piacesse, ero stata abituata così da mia madre: tutto doveva essere fatto a puntino. E quando una persona é formata a quel modo non sente il bisogno di essere diversa. Però con il tempo questo modo di essere mi ha danneggiata perché mi sono trovata troppo mansueta nei confronti di mio marito.

D - In definitiva a quei tempi non le dispiaceva fare tutto bene?

R - Ci tenevo, ero molto dinamica mi occupavo della casa e anche del mio lavoro di sarta che svolgevo proprio bene

D - Diceva che all'inizio suo marito la stimava per questo suo modo di essere, poi cosa é successo?

R - Dopo tre o quattro anni di matrimonio ho cominciato a capire che mio marito non mi voleva più quel bene che aveva dimostrato all'inizio, quando lo avevo conosciuto. Per me naturalmente é stata una grande delusione.

D - Ciò nonostante avesse sempre fatto il suo dovere di moglie e madre?

R - Nonostante questo! Ho capito ora, venendo al Servizio, che mio marito non sopportava che gli altri mi apprezzassero. Aveva "invidia" nei miei riguardi. Dall'analisi i  fatti sono risultati tali: per esempio quando venivano a casa le clienti (dopo sposata facevo ancora la sarta) e trovavano mio marito gli facevano un sacco di  elogi su come ero brava e capace. Mio marito rimaneva male per questi elogi e quando nascevano discussioni mi rinfacciava questo fatto, di voler essere sempre brava, di  darmi arie.                                                                                                                         

D -  E quando ha cominciato a non piacersi più?

R - Non mi sono piaciuta più man mano, quando ho capito che i vari problemi che c'erano in casa erano determinati anche dalla mia docilità. Mio marito mi aveva messo addosso degli spauracchi, nel senso che quando si litigava, ed io esprimevo le mie ragioni, il mio punto di vista, oppure quando accennavo a parlare in termini diversi dai suoi, me la faceva pagare stando anche quindici giorni in silenzio, oppure proibendo ai ragazzi di vedere la televisione. Oggi penso che avrei dovuto essere diversa: se avessi fatto il pugno duro forse non sarebbero successe tante tragedie.

D - Quindi lei come avrebbe voluto essere?

R - Più decisa, più forte, insomma!

D - Anche in passato si percepiva in questo modo?

R - Io mi sono sempre ritrovata un pò timida, questa è una cosa che mi é sempre dispiaciuta; ho analizzato poi che in parecchie occasioni della mia vita mi sono trovata in imbarazzo, non troppo disinvolta.

D - Si considerava incapace?                                                       

R - Io in sostanza ho sempre creduto in me stessa, gli altri invece mi consideravano incapace.

D - Chi la considerava incapace?

R - Gli altri per esempio.

D - Gli altri chi?

R - Mio padre, i miei fratelli, non mi ritenevano troppo in gamba.

D - In gamba per che cosa?

R - Per esempio, io ero addetta alle faccende domestiche, l'altra sorella più piccola studiava. Mio padre quando ci voleva elogiare diceva: " Lei la facciamo diventare una bella avvocato, lei una brava donnina di casa". Quest'ultima sarei stata io! Non mi ha fatto fare neanche la terza media! Si trattava di fare una scuola privata, e mio padre disse:" Ti imbrani, ti fermi, e così buttiamo i soldi". I soldi servivano per l'altra sorella che stava in un Istituto dove si pagava una retta salata. Quindi ho dovuto rinunciare.

D - Nonostante questo giudizio dei suoi familiari, lei si sentiva capace?

R - Si, avevo fiducia in me stessa, perché avevo molti riconoscimenti da amici, dagli insegnanti. Nel gruppo di amici ero molto ricercata, apprezzata; mi dicevano che sapevo fare cose che altre non sapevano fare. Mi facevano notare che avevo molte qualità, o qualcosa in più di altre

D - Però poi nel corso della sua vita ha cominciato a sentirsi incapace come mai?

R - Sempre dopo che mi sono sposata. Prima per esempio, quando uscivo con dei ragazzi per la prima volta mi chiedevano che diploma avessi, io dicevo: niente, e loro non ci credevano; dicevano che era impossibile perché mi ritenevano brava a parlare, dicevano che avevo ricchezza di vocaboli. Io avevo letto moltissimo! Avevo letto moltissimo sia di narrativa sia di libri che mi potessero insegnare qualcosa e quindi mi sentivo capace e stavo benissimo anche nell'ambiente universitario, mi sentivo gratificata, insomma non mi mancava niente.

D - E dopo invece?

R - Invece dopo che ho sposato mio marito, lui ha fatto di tutto perché io mi spogliassi di queste cose. Lui mi criticava sempre; diceva che non sapevo fare la moglie, che non sapevo fare la madre, mi diceva "Perché non ti spari? Dici, dici e non fai mai niente di buono".

D - Come reagiva lei?

R - Io veramente le ho sempre lasciate cadere queste cose, anche se mi arrivavano come frecce. Ma non rispondevo perché non mi piaceva trascendere. Mi chiudevo in me stessa.

D - Cominciava però pian piano a crederci?                                                            

R - Non é che cominciavo a crederci, ma a me interessava molto il suo apprezzamento, praticamente quello che io volevo era il suo apprezzamento, quello che  mi interessava principalmente era il suo; poi quello che gli altri mi dicevano era marginale.                            

D - E quando ha iniziato a venire al Servizio ha notato qualche cambiamento?

R - In me? Dunque anche con la dottoressa ho fatto questa analisi, anche se qui é stata molto più approfondita e dettagliata di quella fatta da sola. Ho parlato anche di mio marito, della sua gioventù,  della sua famiglia, della grettezza del suo ambiente di provenienza.

D - Ma lei come è cambiata rispetto a suo marito?

R - Stavo dicendo proprio questo, che ho capito che non mi sento inferiore come lui tendeva a farmi credere, 1 'ho analizzato, ecco ho capito che come uomo non é granché per cui adesso qualunque cosa mi dice non mi tocca in più. A questo ci sono arrivata rimettendomi la mia solita corazza di ferro che ogni tanto andavo a scavare, oggi la tengo fissa.

D - E concretamente come é cambiata la situazione?

R - A casa non è cambiato niente, soltanto che mi sono un pò fortificata, ho ripreso di nuovo le mie forze per continuare a combattere insomma. Non spero più di riavere mio marito come innamorato, questo é certo, né spero più che mio marito si cambi, anzi penso che andremo sempre peggio, come uomo non cambierà affatto, peggiora continuamente, sarà la vecchiaia, non lo so. E' quindi un uomo che certo non avrei voluto come marito. Ora lo conosco molto bene, conosco tutti i suoi difetti, lo conosco fino in fondo, per cui non pretendo da lui quello che non mi può dare.

D - Ma la sua giornata intanto é cambiata?

R - Mi creo delle cose mie. Ecco per esempio partecipo alle mostre dell'artigianato delle donne. E lui cerca continuamente di tagliarmi i piedi. Mi prende in giro dicendomi:" Ah già si deve realizzare!". Non tralascia nessuna occasione per ripetere questo.

D - Svolge comunque le sue mansioni in casa?                                                      

R - Si faccio tutto io. Però me ne frego di più: se non riesco a fare qualcosa mi dico: "lo farò domani". Prima invece il non riuscire a fare tutto e a farlo bene mi faceva soffrire. Non mi faccio più un problema di questo; prima vivevo nell'incubo dell'orologio. Adesso penso di essere diventata più superficiale, anche più apatica; se poi questo sia un bene o un male non lo so,

D - Questa modifica, questo essere più "menefreghista" si è avuto nel corso dell'intervento?

R - Si. Praticamente io sapevo che stavo male, che dovevo fare qualcosa per  me stessa, che in quel momento ero io la cosa più importante rispetto a tutto il resto, e che quindi dovevo fare qualcosa per stare bene, e fare qualcosa per stare bene era questo: staccarmi da tutti questi obblighi e doveri, strafegarmene un pò se mio marito criticava le mie uscite perché non trovava tutto a posto come al solito.

D - Cosa pensava lei dell'intervento, che l'aiutava a cambiare la sua condizione di vita?

R - Si, mi stava aiutando mettendomi entusiasmo nel fare altre cose. Già vivevo un poco per conto mio, avevo messo mio marito da parte pur vivendo nella stessa casa e mi era rinato il desiderio di andare al cinema, di andare al museo, di fare qualcosa di quand'ero signorina, che da sposata non avevo più fatto. Quindi mi sentivo di nuovo me stessa, mi stavo riappropriando di una me di vent'anni prima.

D - Si stava ridefinendo?

R - Stavo tornando ad essere quella di prima.

D - Quella di prima quando? Prima di sposarsi?

R - Prima di sposarmi. Prima che mio marito facesse questo lavoro di demolizione. E quindi mi sentivo di nuovo me stessa,  potevo ragionare con i miei pensieri, potevo di nuovo pensare quello che volevo io, perché in sostanza non l'ho mai modificato, nei fatti l'ho dovuto modificare. Per esempio andavo da sua madre perché mio marito diceva andiamo da mia madre, però io in quel momento non ne avevo piacere, e non lo volevo fare. Insomma in questi anni ho agito sempre secondo i suoi canoni e non secondo le cose che sentivo di fare. Così si doveva spendere poco, lesinare il mangiare, perché bisognava comprare la casa, e dopo la casa, la macchina; ed io invece non ero d'accordo, perché mi servivano tante altre cose, oppure perché mi piaceva fare dei regali ai figli o ai parenti ..

D - Cambiavano quindi i suoi atteggiamenti?

R - Si, cominciavo a dire: "basta così, perché non ce la faccio più, perché sono queste cose a farmi stare male; mi fa star male lo sforzo che faccio  per essere un'altra diversa da quella che io sento di essere". Adesso riesco ad essere di nuovo me stessa, sento tanti desideri e soprattutto il desiderio di divertirmi.

D - Ma lei in passato si era mai percepita malata?

R - No. Sapevo ad esempio che il mal di stomaco era dovuto a questa situazione.

D - E i suoi sintomi intanto che fine avevano fatto?

R - Non li avevo più; nel corso della terapia non li avevo più. Certo la situazione con mio marito continuava ad essere difficile ma riuscivo a tenergli testa. Per esempio una mattina ho deciso di andare al museo, e ci sono andata nonostante lui facesse di tutto per dissuadermi; c' é voluta una bella forza per farlo perché lui le scova tutte: dice che non sta bene, si mette a letto dicendo che ha la febbre in modo da costringermi sull'onda del dovere a rimanere in casa. La mattina che avevo deciso di andare al museo, avendo saputo che avevo intenzione di uscire mi ha chiesto: "Senti tu  per caso devi uscire? Perché io può darsi che debba tornare prima e che faccia mezza giornata". Gli ho risposto: "Tu hai la chiave, e allora quando torni la casa sta qua. E ancora lui: "Ma può darsi che debbano mandarmi certa roba stamattina". Ed io: " Lo dico alla Signora a fianco, e quando arriva questa roba la prende la Signora". Poi dopo essere finalmente uscito, passata una diecina di minuti mi bussa al citofono e dice: "Torno a casa perché ho perso l'autobus". Bisogna  notare che mio marito non va mai con l'autobus al lavoro!

D - Le ha provate tutte! E lei?                 

R - E io non mi sono fatta influenzare. Ho solo preparato una salsa veloce nel caso volesse mangiare prima e sono andata subito via, lasciandolo a casa. Questa per me é stata una vittoria, ero stata capace di sfidarlo!                   

D - Si sente quindi più forte?                 

R - Si,  anche se lo sono stata soprattutto durante la terapia. Non le ho detto che quando sono stata dal neurologo con mio marito nel momento in cui stavo peggio , il neurologo disse a mio marito: "Sua moglie e sua figlia sono due tipi psicolabili". Ed io non ebbi la forza di dire. "Sfido chiunque a non essere psicolabile dopo venti anni di tragedie".                  

D - Lei pensa di essere, o di essere stata psicolabile? Cosa significa per lei essere psicolabile?                 

R - Quando si resta un pò bambini, quando non si é fortificati e maturi. Io penso che mio marito sia un individuo psicolabile. Perché fa tragedie per un nonnulla, é sempre insicuro di tutto.                 

D - Lei ha detto che durante la terapia si sentiva più forte, e dopo, cosa é successo?

R - E' successo che mia madre é stata male, si é dovuta ricoverare per cui sono stata impegnata e non ho potuto avere del tempo libero per me. Poi mio marito ha cominciato a dire che dovevamo tentare una intesa comune, che dovevamo venirci incontro e cercare di riprendere un rapporto tra di noi soddisfacente. Questo discorso di mio marito  in un certo senso mi ha fatto sentire in trappola. Lui ha cominciato a portarmi anche dei regalini.                   

D -  E' tornato tutto come prima?

R - No, assolutamente. Mio marito non é più importante come una volta per me. In certi momenti se c'é o non c'é per me é la stessa cosa. -

D - Ma lei ha concluso la terapia?

R - Più che conclusa l'ho interrotta per questi avvenimenti che le ho detto. Dopo la malattia di mia madre, ricomincio ora ad avere tempo per me. Penso comunque che se avessi continuato oggi ci sarebbe al posto mio una persona ancora più forte. Oggi in parte subisco ancora, ed in parte no, ho imparato a reagire. Penso che il lavoro fatto qui non é stato completato, ma penso che continuando ci riuscirei.

D - Quindi cosa pensa di fare per il futuro?

R - Penso di dover ancora consolidare delle mie sicurezze.