METIS - Medicina Memoria

Centro Internazionale di Studi  e ricerche per la salute delle donne

 

 

 

CONVEGNO

Milano,  ottobre 1998

 

Corpi soggetto.

Pratiche e saperi di donne per la salute

 

 

L'attività del Centro prevenzione della salute mentale della donna e dell'adolescente,

ASL Napoli 1

 

di Vittoria Sardelli

 

       La tematica proposta ci ha fortemente motivate ad intervenire in quanto siamo psicologhe da anni impegnate ad offrire ascolto ed  aiuto a donne che si percepiscono "malate nel corpo e nella mente".

      La nostra esperienza inizia a Napoli venti anni fa in un Dipartimento di Salute Mentale territoriale di due quartieri ad alta densità demografica.

      Autodefinendoci e facendoci riconoscere come Servizio Donne ci occupammo, sin dall'apertura del Dipartimento, dell'utenza femminile affluente dal territorio e delle donne dimesse dall'ospedale psichiatrico con gravi problemi di adattamento e di integrazione ambientale.

       Il Servizio, divenuto nel corso degli anni '80 Settore "Salute della Donna", costituì un primo modello embrionale di organizzazione di attività terapeutiche, di ricerca e di riabilitazione rivolte esclusivamente alle donne(1).

       La scelta di focalizzare l'attenzione sulle donne nasceva dall'esigenza di approfondire la conoscenza di alcuni elementi che emergevano, in maniera ricorrente, dai dati clinici e dalle storie di vita delle nostre pazienti. Alcuni di questi elementi erano:

a.       l'abuso degli psicofarmaci;

b.      il frequente ricorso al medico generico e/o specialista, per problemi di salute psicofisica;

c.       l'esordio della sintomatologia psichica prevalentemente durante i primi anni di matrimonio, quando i figli sono ancora piccoli (minori di quattordici anni): l'età dei maggior sviluppo ed espressione del ruolo femminile, ma anche di maggiori carichi di lavoro, responsabilità e pressioni ambientali, si caratterizzava come una fase di vita ad alto rischio sia per le donne casalinghe che per quelle lavoratrici;

d.      la cattiva qualità del quotidiano, caratterizzato in generale da scarsissimi spazi e tempi per sé, carenza di reti amicali, massiccio assorbimento nelle attività domestiche e di cura dei familiari.

    Tali elementi erano presenti in quasi tutte le donne che arrivavano al Servizio, a prescindere dalle differenze di età, di livello culturale  ed economico e dalle differenze nosografiche delle espressioni soggettive della sofferenza psichica.

    La riflessione su questa condizione di omogeneità ha delineato e, progressivamente, rinforzato l'ipotesi dell'esistenza di una stretta correlazione tra qualità di vita delle donne e produzione di disagio  psichico. Ha, inoltre, indotto la necessità di strutturare un intervento specifico per le donne che partisse da un'analisi approfondita della loro vita quotidiana, prima e dopo l'esordio dei disturbi psichici, per rintracciare, in questa, fattori e percorsi di ammalamento.

   Per la conoscenza degli strumenti metodologici e dell'articolazione del nostro intervento rimandiamo a pubblicazioni specifiche(2).

    In questa sede ci preme evidenziare che il disagio, secondo l'ipotesi da cui parte la nostra operatività, è l'espressione estrema delle difficoltà di una persona a rispondere a particolari e molteplici richieste provenienti dall'ambiente familiare e microsociale e si costituisce a partire da una lettura non corretta degli interessi personali e come conseguenza dell'adesione a punti di vista e richieste altrui.  Per le donne il rischio di confondere interessi e punti di vista propri con quelli altrui è più alto rispetto a quello degli uomini, in quanto il sacrificio di sé per il bene degli altri viene presupposto come connotazione naturale dell'identità femminile.

    Elementi precursori della percezione di una propria malattia mentale sono i vissuti di incapacità e di bassa autostima che riflettono i giudizi negativi espressi dal contesto ambientale se la donna dà segnali di scarsa conformità al modello di identità previsto.

   Da queste premesse scaturiscono le linee del nostro intervento che tende a:

1.      offrire alla donna che si percepisce malata la possibilità di parlare della propria sofferenza e dei suoi sintomi senza dover, come accade in altri contesti tecnici, riferirli e spiegarli nei termini di una propria disfunzionalità o patologia;

2.      pervenire con lei alla comprensione del come e del perché è arrivata a sentirsi prima incapace e poi malata, facendo luce sulle dinamiche di contrapposizione tra gli interessi propri e quelli altrui;

3.      ricercare e iniziare a sperimentare strategie più idonee, rispetto alle precedenti, alla espressione/costruzione di proprie esigenze e desideri, alla gestione, non costosa sui piani emotivi, della conflittualità con l'ambiente.

   Con questi presupposti e obiettivi, sono state trattate più di tremila donne con disturbi psichici di varia entità. All'attività clinica si è sempre accompagnata l'attività di ricerca, partita come riflessione "in itinere", sui dati che emergevano dalla pratica. Dal 1981 siamo infatti impegnate in programmi di ricerca del CNR sulla prevenzione e la cura dei disturbi mentali(3). 

  I risultati della nostra esperienza clinica e di ricerca e il frequente confronto con altre operatrici e ricercatrici che si occupano del disagio nell'ottica di genere hanno contribuito a dare valore di credibilità all'assunto di base da cui partono le nostre attività: cioè che l'origine del disagio psichico di una persona vada ricercata non in una parte del suo corpo che si ammala, in questo caso la testa, ma nel fitto reticolato della sua esistenza quotidiana che nasconde in sé i rischi di ammalamento. Per questo abbiamo sentito la necessità di rendere visibile la separazione, di fatto sempre esistita, della nostra operatività dai luoghi della Psichiatria, dove il disagio psichico femminile viene quasi sempre interpretato in termini di disfunzionalità  del "corpo - mente" e zittito attraverso cure prevalentemente farmacologiche.

 

   Abbiamo ottenuto, non senza fatica, che "La Magnolia" sede della Unità Operativa di Salute Mentale, cogestita fino ad alcuni mesi fa con gli operatori psichiatrici ci venisse attribuita come sede autonoma per lo svolgimento e l'ampliamento delle nostre attività.

    Il settore "Salute della Donna" aperto, come abbiamo già detto, sin dagli anni '80, all'utenza femminile di un Distretto Sanitario della nostra città è diventato "Centro per la prevenzione della salute mentale della donna e dell'adolescente", senza limiti territoriali per l'accoglienza delle richieste. Il gruppo di lavoro è attualmente costituito da due psicologhe, due medici, una sociologa e tre vigilatrici d'infanzia. L'attività di prevenzione di condizioni di malattia, già condotta con continuità nell'ambito del Settore, è stata implementata attraverso l'intensificazione:

a.        degli interventi terapeutici mirati a "stoppare" i processi di sviluppo e  cronicizzazione dei disturbi psichici;

b.        della ricerca sui fattori di rischio di ammalamento: è stato di recente pubblicato il  volume "Stress e vita quotidiana della donna" che rappresenta il prodotto finale di un programma quinquennale di ricerca svolta per conto del CNR(4). In questo volume viene allargato il campo di indagine della ricerca sullo stress, finora centrato sul lavoro produttivo, con l'introduzione dell'analisi dei sovraccarichi di lavoro e responsabilità nell'ambito familiare;

c.        della formazione degli operatori sanitari e sociali ad una pratica di intervento che tenga presente, per le donne, la specificità dei rischi di ammalamento correlati alle condizioni di vita;

d.        della collaborazione a progetti nazionali e trasnazionali aventi come obiettivo la promozione della salute della donna attraverso il miglioramento delle sue condizioni di vita e della qualità dell'assistenza che riceve.

            La localizzazione dell'attenzione sulla Prevenzione ha comportato anche l'intensificazione delle attività rivolte agli adolescenti: fascia di popolazione ritenuta particolarmente a rischio di disagio psichico. E' in questa tappa di vita, infatti, che l'individuo subisce condizionamenti e pressioni sociali determinanti per la strutturazione dell'immagine di sé e della propria progettualità.

 

             In questa fase, cioè, le naturali spinte all'autonomia soggettiva, le aspirazioni, i desideri e le attitudini subiscono fortemente l'influenza dei membri del contesto familiare di appartenenza che tendono a conformare la personalità "in fieri" dell'adolescente alle proprie esigenze e ai propri modelli di ruolo. In alcuni casi può accadere che le richieste del contesto si rivelino confliggenti con le esigenze e le  aspirazioni dell'adolescente e che questi, per la difficile gestione  della conflittualità, sia indotto ad un "adattamento forzoso" e strutturi in progressiva evoluzione la sua identità secondo un modello che penalizza e reprime la soggettività.

            Ed è proprio in questa situazione di difficoltà/impossibilità di una libera espressione del sé e di asservimento alle esigenze altrui che, dal nostro punto di vista, come abbiamo già detto, si colloca l'origine del disagio psichico.

             L'inizio di una situazione suddetta, l'inizio cioè di una costrizione del sé, è emerso come elemento ricorrente dall'analisi dell'adolescenza di molte donne che si sono poi ammalate in età adulta e la ritroviamo, a vari livelli di intensità, nell'analisi delle condizioni di vita degli adolescenti che arrivano al nostro Servizio.

             Va posta, pertanto, estrema attenzione ai fattori presenti nella vita quotidiana dell'adolescente che determinano tale situazione.

             Fattore cardine su cui si costruisce l'intervento preventivo è quello da noi definito "sovraccarico di lavoro e di responsabilità" che nell'adolescenza si esplica, generalmente, attraverso una funzione di supporto svolta nei confronti di uno o di entrambi i genitori. Il sovraccarico si configura in termini di "ruolizzazione precoce" nel senso che l'adolescente è chiamato, per situazioni materiali e psicologiche del nucleo familiare, ad assumere dei compiti e delle responsabilità che generalmente toccano ai genitori. La funzione di supporto si accompagna spesso ad una situazione di chiusura rispetto al mondo esterno con una progressiva riduzione di spazi ed interessi personali,  del tempo libero e delle relazioni amicali. L'assunzione di lavoro e di responsabilità non adeguati all'età, ma più specifici dell'età adulta, si concretizza in compiti che vanno dall'aiuto materiale al sostegno psicologico, come amico/confidente del genitore, al ruolo di mediatore dei conflitti di coppia o di "difensore" del più debole, a quello di sostituto nelle funzioni genitoriali.

Nella maggioranza dei casi, al di fuori dei tempi esterni obbligati, ad esempio la scuola, l'adolescente tende a stare a casa trovando nell'ambito familiare le risposte ai suoi bisogni di socialità e di confidenza, il che spesso si traduce in una amplificazione dei sentimenti di sfiducia nei confronti degli altri e di inadeguatezza rispetto alle proprie capacità relazionali all'interno del gruppo dei pari. La necessità di dare all'adolescente una funzione di supporto alla vita familiare comporta anche una tendenza, da parte degli adulti, ad invalidare il suo giudizio e le sue scelte. L'adolescente chiamato a svolgere una funzione di supporto appare spesso dubbioso, insicuro, con un'immagine di sé di debolezza ed incapacità: questi vissuti e percezioni di sé precedono l'insorgenza dei disturbi psichici e s' intensificano se non vengono mutate le condizioni di vita che le hanno prodotte.

             Su questa chiave interpretativa dei segnali precursori del disagio psichico si fondano le attività del Centro rivolte agli adolescenti.

             Le attività riguardano:

a.       la ricerca "Adolescenza e rischi di patologia psichica" finanziata dalla Regione

     Campania, che è attualmente in fase di conclusione ed ha, tra i suoi obiettivi:

-         estendere l'informazione, anche al di fuori dai circuiti sanitari, sulla correlazione tra la qualità della vita quotidiana dell'adolescente e la produzione di vissuti soggettivi di disagio;

-         arginare processi di formazione sintomatica fornendo chiavi di lettura di comportamenti - "segnale", precursori di disturbi psichici ad alta incidenza nella popolazione giovanile, come i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia), le crisi d'ansia, i vissuti depressivi, le fobie e le strutturazioni ideative di tipo ossessivo;

b.      counseling e psicoterapia breve presso il "Centro Ascolto Adolescenti". Questo è uno spazio che abbiamo riservato esclusivamente ai ragazzi, funzionante in orarioextrascolastico, per consentire un più facile accesso a questa fascia di popolazione che notoriamente sfugge ai Servizi sanitari di prevenzione e approda ai Servizi

      psichiatrici quando ormai si sono già prodotte situazioni che richiedono interventi di

      emergenza per l'entità e l'ingestibilità dell'espressione sintomatica del disagio;

c.       le attività di counseling per genitori e insegnanti volte alla modifica di atteggiamenti

adulto centrici che inibiscono la libera espressione delle esigenze e delle capacità degli adolescenti,  ostacolano i percorsi evolutivi verso l'autonomia e contribuiscono ad alimentare le  problematiche psicologiche per le quali viene richiesto l'aiuto;

d.      l'attività di formazione degli operatori scolastici: viene offerta agli insegnanti, prevalentemente delle scuole medie inferiori e superiori, la possibilità di usufruire di indicazioni utili all'ampliamento della conoscenza dei rischi di disagio psichico da noi individuati in specifiche condizioni di esistenza dell'adolescente e all'utilizzo, sulla base della conoscenza acquisita, delle risorse che ciascun operatore scolastico, nell'ambito dei suoi compiti di ruolo può mettere in campo per "proteggere l'adolescente dai rischi connessi al protrarsi di situazioni induttrici di disagio psichico. 

Attualmente, su delega del Provveditorato agli Studi di Napoli, stiamo organizzando un corso di formazione per insegnanti dal titolo "Educare alla sessualità".

Riteniamo che questa sia un'occasione utile per la diffusione della cultura della differenza di genere, per la revisione di modelli educativi basati su rigide stereotipie (femminile/passività, maschile/attività), per la trasmissione ai ragazzi, fin dalla scuola primaria, dell'idea della sessualità come espressione dell'affettività, non confinata in una corporeità istintuale, separata dai luoghi del pensiero e del desiderio. Per concludere, l'esperienza di lavoro clinico con le donne adulte e con gli adolescenti, i risultati delle nostre ricerche, il collegamento e la relazione con altre donne che nelle istituzioni e nel sociale si muovono nell'ottica della differenza di genere ci portano ad individuare e promuovere, nell'interesse delle donne, iniziative capaci di incidere sulle scelte e sui programmi di politica sociale e sanitaria.

             Vorremmo che le scelte che riguardano la salute e la vita delle donne tengano conto del pensiero delle donne e si utilizzino suggerimenti ed indicazioni provenienti da operatrici che dalla cura di altre donne hanno imparato a collocare l'origine del malessere nella cattiva qualità dell'esistenza e a coniugare la guarigione con l'uscita da quelle situazioni.

            Uno degli obiettivi che ci poniamo è quello di offrire alla donna la possibilità di ricevere ascolto e risposte alle sue esigenze non filtrata dai condizionamenti culturali di chi è tenuto a darli: questi, spesso si basano sul presupposto per noi erroneo, che il sé di una persona sia il riflesso di una sua conformità a modelli di ruolo stereotipati, ritenuti socialmente validi, e pertanto, mai messi realmente in discussione.

             La revisione critica, anche da parte degli operatori, di quei modelli che postulano per la donna una naturalità biologica predisponente al sacrificio di sé, potrebbe orientare le risposte terapeutiche all'individuazione della pericolosità del sacrificio di sé per la salute psicofisica. Ciò, ed è quanto più ci preme, aiuterebbe la donna a modificare situazioni e stili di vita ammalanti che le impediscono la possibilità di respirare in autonomia "senza dipendere dal respiro altrui", come sostiene Luce Irigaray, presenza illuminante di questo convegno(5).

 

NOTE

(1)     E. Reale, V. Sardelli, A. Castellano, Malattia mentale e ruolo della donna, Progetto Finalizzato CNR, Medicina Preventiva e Riabilitazione, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1982.

(2)       (2). E. Reale, P. Orefice, V. Sardelli, Manuale sull'intervento sul disagio psichico della donna, Progetto Finalizzato CNR, Medicina preventiva e riabilitativa, Roma, 1988.

   (3) I progetti di ricerca CNR ai quali ha partecipato il nostro gruppo sono: Medicina Preventiva, sottoprogetto "Prevenzione delle malattie mentali"; Medicina Preventiva, sottoprogetto "Malattie del sistema nervoso"; Fatma - Prevenzione e controllo dei fattori di malattia.

(4) E. Reale, V. Sardelli, P. Giffoni, Stress e vita quotidiana della donna, un' indagine sperimentale sui rischi di malattia, Progetto Finalizzato Prevenzione e controllo dei fattori di malattia CNR, Roma, 1998.

(5) Irigaray, Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1997, 153.