CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

 
Responsabile dott. Elvira Reale

 

    ASL NAPOLI 1

 

CENTRO PREVENZIONE SALUTE MENTALE DONNA

Dir.: Elvira Reale

 

 

Rapporto del 6.11.02

Alla Commissione Salute Donna

Ministero Salute

 

 

Salute mentale nella donna:

dalle evidenze clinico-epidemiologiche

 alle prospettive di una prevenzione  mirata

 

 

 

SOMMARIO

 

1.       Le evidenze epidemiologiche 

 

2.    le ricerche sui fattori eziologici e di rischio in uno studio dell'oms

 

3.     gaps

 

4.    QUALI PROPOSTE FARE: LE PRIORITÀ DA SEGNALARE NELLA PREVENZIONE

 

 

 

 

 

 

Roma, 6 novembre 2002

 



 

 

1.   Le evidenze epidemiologiche

 

1.1 Le statistiche internazionali

 

Le statistiche internazionali mostrano come le patologie psichiche (depressione maggiore, ansia, attacchi di panico, disturbo post-traumatico da stress, disturbi del comportamento alimentare) siano prevalenti  tra le donne nella popolazione generale ed in quella dei Servizi Sanitari. La depressione in  modo particolare  è la principale causa del carico di malattia (Burden of Disease) ed essa, nelle donne di età compresa tra i 15 ed i 44 anni, costituisce la prima causa di carico di malattia. (The World Health Report 1999, Database).

La ricerca ha mostrato come le madri, con più figli piccoli o minori, e le adolescenti hanno i più alti rischi di depressione. In generale tutti i dati internazionali concordano sul fatto che  le donne soffrono di depressione da due a tre volte più degli uomini.

La prevalenza della depressione nelle donne rispetto agli uomini inizia con l'adolescenza e dura in tutto il corso della vita. Le adolescenti sono a maggior rischio di depressione e in alcuni casi, come nei disturbi dell'alimentazione, il rapporto femmine maschi è di 9:1, ovvero il 90% della totalità dei casi.

 

L'analisi del carico di malattia (Disease Burden) svolta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità insieme alla Banca Mondiale, ci permette di dare un valore preciso allo stato di salute della popolazione in termini di aggravio sociale ed economico. Il carico di malattia misura infatti gli anni vissuti in disabilità unitamente agli anni di vita in meno (calcolati rispetto alle previsioni di aspettativa di vita). La  misura  del carico di malattia, il "DALY" (Disability Adjustment Life Years)[1], corrisponde quindi ad "un anno di salute in meno".

Il carico di malattia si riferisce alle tre tipologie di eventi che si suddividono in patologie trasmissibili, condizioni di patologia non trasmissibili ed in "Injuries".

Le patologie non trasmissibili secondo i dati del The World Health Report del 2001, che si riferiscono allo stato di salute della popolazione mondiale nel 2000, costituiscono il 46.1% del carico di malattia complessivo, ovvero costituiscono le condizioni più elevate di carico per la popolazione mondiale.[2] (Vedi grafico1).

 

Le malattie non trasmissibili, comprendono  le patologie più impegnative per la nostra società occidentale: patologie tumorali, cardiovascolari, respiratorie, e neuro-psichiatriche.

 

Grafico 1

 

Source: The World Health Report 2001

 


All’interno delle patologie non trasmissibili, le patologie neuro-psichiatriche costituiscono quelle che producono un maggior carico (Grafico  2).

 

 

Grafico 2

Il grafico sottostante mostra come i principali gruppi  di patologia con i  valori percentuali più elevati di carico di malattia sono in ordine:  i disturbi neuro-psichiatrici, i disturbi cardiovascolari, le patologie neoplastiche, le patologie respiratorie. All'interno dei disturbi neuro-psichiatrici (12,3%) in particolare sono le donne a sopportare maggiormente tale carico con il 6,4% di carico rispetto al 5,9% della popolazione maschile.

 

         

          Source: The World Health Report 2001

 

Si evidenzia poi (grafico 3) come nella distribuzione dei due sessi tra le varie patologie neuro-psichiatriche, le donne  abbiano valori superiori ai maschi in 9 su 14 patologie.

Tra le patologie comprese nella categoria dei disturbi neuro-psichiatrici,  la depressione unipolare raggiunge la più alta percentuale del carico di malattia. Ed in tale patologia le donne raggiungono un valore maggiormente elevato rispetto a quello degli uomini.Nel grafico seguente sono rappresentate le patologie con percentuali di carico più elevate all'interno dei disturbi neuro-psichiatrici.

 

Grafico 3

Source: The World Health Report 2001

 

Focalizzando l'attenzione sulla depressione, il grafico seguente (grafico 4)  mostra in percentuale il rapporto maschio femmina: la depressione nelle donne è circa un terzo in più degli uomini.

Ma anche per gli altri disturbi vi è una prevalenza delle donne.

Le donne soffrono di più degli uomini in ogni fascia di età, in una proporzione variabile da due a tre volte in più, di disturbi d’ansia, attacchi di panico, disturbi fobico-ossessivi.

Nella fascia di età al di sopra dei 60 anni  le donne soffrono più degli uomini del morbo di Alzheimer.

 

            Grafico 4

 

             

               Source: The World Health Report 2001

 

Nel 2000 il rapporto percentuale tra maschi e femmine è del60% di femmine rispetto ad un 40% di maschi.

Nel 1999 si era rilevata una differenza percentuale ancora maggiore di donne, come si evidenzia dal  

   grafico   5.

        Grafico 5

            

            Source: The World Health Report 2000

 

          

 

Se i dati sulla depressione tendono a risalire per gli uomini rispetto alle donne, rimane il fatto che complessivamente l’area dei disturbi psichici è maggiormente abitata dalle donne, mentre l’area dei comportamenti etero ed autodistruttivi (più violenza e più suicidi realizzati, ma anche più comportamenti dissociali ed uso di alcool e droghe) è occupata dagli uomini, come possiamo vedere nello schema successivo.

                                                                                             

National Comorbidity Survey: Prevalence rates of selected disorders

Mental Disorders

Lifetime

Prevalence

Female

Lifetime

Prevalence

Male

12 Month

Prevalence

Female

12 Month

Prevalence

Male

Major depressive episode

21.3%

12.7%

12.9%

7.7%

Alcohol dependence

8.2%

20.1%

3.7%

10.7%

Antisocial personal. Disor.

1.2%

5.8%

NA

NA

Source: WHO, Department of Mental Health and Substance Dependence “Gender Disparities in Mental Health”

 

La signora Gro Bruntland, direttore generale dell’OMS, ha in questi ultimi anni più volte indicato come, se non si inverte il trend con opportuni interventi, nel 2020 ci si troverà di fronte ad un aumento progressivo di casi di depressione, con un aumento considerevole del carico di malattia complessivo.

 Il richiamo ultimo è nel suo messaggio introduttivo al Rapporto 2001 sulla salute nel mondo ( The world Heath Report 2001).

“Major depression is now the leading cause of disability globally and ranks fourth in the ten leading causes of the global burden of disease. If projections are correct, within the next20 years, depression will have the dubious distinction of becoming the second cause of the global disease burden.

 Globally, 70 million people suffer from alcohol dependence. About 50 million have epilepsy; another 24 million have schizophrenia. A million people commit suicide every year. Between ten and 20 million people attempt it. Rare is the family that will be free from an encounter with mental disorders.

One person in every four will be affected by a mental disorder at some stage of life.

The risk of some disorders, including Alzheimer’s disease, increases with age.

The conclusions are obvious for the world’s ageing population. The social and economic burden of mental illness is enormous.”

 

Se questa è la prospettiva da qui a  venti anni per uomini e donne, bisogna dire che oggi,per le donne dei nostri paesi ad alto sviluppo, tale prospettiva è già realizzata:

 

Leading Causes of Burden of Disease, High-Income Countries, Males, 1998

Leading Causes of Burden of Disease, High-Income Countries, Females,  1998

Rank

15-44 years

45-59 years

15-44 years

45-59 years

1

8      Alcohol dependence

3 368 317

Ischaemic heart disease

1 797 168

8      Unipolar major depression

3 404 250

Osteoarthritis

1 019 386

2

Road traffic injuries

2 588 238

Trachea/bronchus/lung cancers

701 102

8      Psychoses

1 061 323

Unipolar major depression

837 947

3

8      Unipolar major depression

1 864 603

Osteoarthritis

691 670

Road traffic injuries

872 470

Breast cancers

689 178

4

§        Self-inflicted injuries

1 279 658

Cerebrovascular disease

621 737

8      Bipolar affective disorder

760 428

Ischaemic heart disease

513 340

5

8      Psychoses

1 163 653

Cirrhosis of the liver

571 437

8      Obsessive- compulsive dis.

656 493

Diabetes mellitus

489 714

6

8      Drug dependence

1 037 882

Alcohol dependence

515 608

8      Alcohol dependence

610 877

Cerebrovascular disease

445 959

7

Interpersonal violence

794 963

Diabetes mellitus

502 365

§        Self-inflicted injuries

387 664

Trachea/bronchus/lung cancers

357 941

8

8      Bipolar affective disorder

785 646

Unipolar major depression

459 669

STDs excluding HIV

375 327

Dementias

261 783

9

HIV/AIDS

664 297

Chronic obstructive pulmonary disease

358 920

Osteoarthritis

373 276

Colon/rectum cancers

228 987

10

8      Obsessive- compulsive disorders

510 009

§        Self-inflicted injuries

348 815

8      Panic disorder

359 964

Chronic obstructive pulmonary disease

212 710

Source: The World Health Report 1999, Database

 

Infatti già a partire dal 1998 nelle donne di età compresa tra i 15 ed i 44 anni, la depressione era la prima causa di disabilità e carico di malattia, e la seconda causa nelle donne tra i 45 ed i 59 anni. Per gli uomini invece la depressione è solo la terza causa di disabilità nella fascia di età 15-44, e l'ottava causa nella fascia successiva 45-59 anni.

 

Per quanto riguarda gli psicofarmaci le donne sono più alte consumatrici degli uomini: “Female gender is a significant predictor of being prescribed psychotropic drugs. It has also been reported that women are 48% more likely than men to use any psychotropic medication after statistically controlling for demographics, health status, economic status and diagnosis[3].

Per quanto riguarda le caratteristiche, la depressione è più persistente nelle donne e con maggiori rischi di ricaduta: “Depression may also be more persistent in women (Bracke, 2000) and female gender is a significant predictor of relapse (Kuehner, 1999)”[4].

La depressione inoltre più facilmente nelle donne si presenta associata con altri disturbi ed in particolare con i disturbi d’ansia (ansia generalizzata, panico, agorafobia); la comorbidità è a sua volta associate con livelli più alti di severità dei sintomi e disabilità: “Depression and anxiety are common comorbid diagnoses and women have higher prevalence than men of both lifetime and 12 month comorbidity of three or more disorders (Kessler et. al., 1994, WHO & ICPE, 2000).

Comorbidity is associated with increased severity, higher levels of disability and higher utilization of services.”[5]

 

 

Infine riportiamo I FATTI così come individuati nel 2002 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per mettere al centro dell’osservazione la salute mentale delle donne

 

v     I disturbi depressivi  costituiscono il 41.9% della disabilità (YLDs) da disturbi neuro-psichiatrici tra le donne ed il 29.3% tra gli uomini.

 

v     I principali problemi di salute mentale nella vecchiaia sono: la depressione, sindromi organiche e le demenze, in maggioranza questi disturbi colpiscono le donne.

 

v     Nell'adolescenza i tassi di  disturbi di depressione  ed ansia sono maggiori nelle ragazze; le ragazze soffrono inoltre al 95% rispetto al 5% di ragazzi di disturbi alimentari ( anoressia e bulimia).

 

v     Una stima dell'80% di 50 milioni di persone affetta da conflitti violenti, guerre civili, disastri e disoccupazione sono donne e bambini.

 

v     La prevalenza nel corso della vita di violenza contro le donne oscilla tra il 16% ed il 50%

 

v     In ultimo una donna su 5 subisce uno stupro o un tentativo di stupro nel corso della vita.

Source: Gender and women's Mental Health, May 2002, WHO

                http://www.who.int/mental_health/prevention/genderwomen/en/

 

1.2       Epidemiologia e statistiche nazionali

 

 Nella conferenza Nazionale sulla Salute Mentale del febbraio 2001, il Ministero della Sanità ha presentato i seguenti dati, tratti da uno studio di Sesto Fiorentino dell'Istituto Superiore di Sanità.

Questi dati possono essere considerati solo indicativi di un fenomeno in Italia, perchè non corrispondono a criteri di rilevazione affidabili, visto che in Italia, come in altri paesi europei, mancano flussi informativi adeguati e disaggregati per sesso, in grado di costituire banche dati affidabili sulla diffusione delle patologie psichiche.

.

                                                                  maschi                              Femmine

Tutti i disturbi psichici

3.200.000

6.992.000

 

Disturbi affettivi

Disturbi ansiosi

Disturbi dell’alimentazione

Disturbi dell’adolescenza

Psicosi

Abuso di farmaci

2.560.000

2.180.000

118.000

24.000

118.000

142.000

5.702.361

5.506.000

230.000

204.884

230.494

204.884

Source: Italian National Conference on mental Health, January 2001.

I dati della Conferenza Nazionale sulla salute mentale, tratti dall’Istituto Superiore di Sanità - Studio di Sesto Fiorentino,  rappresentano più disturbi psichici  associati in una singola persona.


           Grafico 6

 

           

 

La differenza maschio-femmina per tutti i disturbi psichici, come si evince dal grafico 6, è molto elevata: si tratta di una ripartizione di 2/3 di femmine rispetto ad un 1/3 di maschi. Per tutte le categorie dei disturbi psichici evidenziati le donne superano i maschi; in particolare le femmine superano i maschi anche nelle psicosi.

Questa stessa differenza la ritroviamo nei dati ISTAT che si riferiscono all’anno 2000.

L’ISTAT raccoglie in una indagine campionaria i dati sulla percezione dello stato di salute della popolazione generale. Da questa indagine si evidenzia la maggiore presenza delle donne rispetto agli uomini in sei su nove patologie.

Grafico 7


          

 

Tra queste patologie in cui prevalgono le donne vi sono anche i "disturbi nervosi". I dati dell'Istat confermano così il trend internazionale della maggiore presenza delle donne nell'area dei disturbi psichici.

 

In particolare il rapporto  percentuale donne-uomini rispetto ai disturbi nervosi è di 64% femmine e di 36% di maschi.


            Grafico 8

 

 

 

L’ISTAT inoltre, nell’analisi del consumo di farmaci (1994), individua che vi sono 5,5 milioni di consumatori di psicofarmaci e che di questi  3,7 milioni sono donne e 1,7 milioni sono uomini. 

Le donne poi, risultano, nelle ricerche cliniche, soffrire maggiormente di effetti collaterali.

 

Dal numero di suicidi e tentati suicidi come risulta nel 1998 dai dati ISTAT si evidenzia che i tentativi di suicidi sono più elevati nelle donne, in determinate fasce di età, e costituiscono con ciò un aumento del carico di disabilità, mentre per gli uomini sono più elevati i suicidi e pertanto costituiscono un motivo di aumento dei dati della mortalità negli uomini. 

 

SUICIDI

SUICIDI / TENTATIVI

 

 

ETA’

M

F

MF

M

F

MF

FINO A 13

5

-

5

7

8

15

 

14 - 17

23

12

35

17

84

101

 

18 - 24

184

46

230

203

259

462

 

25 - 44

758

195

953

861

855

1.716

 

45 - 64

742

238

980

390

439

829

 

65 e oltre

894

297

1.191

206

198

404

 

Non

indicata

3

1

4

-

4

4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISTAT, 1998

 

Da questi dati mondiali e nazionali vi è evidenza che:

-         il carico di malattia e disabilità trova nei disturbi psichici il suo punto di maggiore espressione;

-         i disturbi psichici, e tra questi la depressione in particolare, creano il maggiore allarme sociale e sanitario.

Vi è inoltre evidenza statistica che l’allarme, che colpisce le nuove generazioni, vede le giovani ragazze più sofferenti dei coetanei maschi di disturbi dello spettro ansioso-depressivo e portatrici al 90% di disturbi del comportamento alimentare (anoressia-bulimia).

Infine vi è evidenza che le donne sono più colpite da eventi depressivi che riguardano la maternità ed il carico di figli piccoli, fattori che non entrano o entrano molto poco nella eziologia psico-sociale dei disturbi psichici maschili.

In questa condizione di vita, inoltre hanno una particolare evidenza i casi di depressione post-partum che si esprimono generalmente con un senso di impotenza ed incapacità al ruolo materno, e che in quota limitata di casi possono tradursi in un atto distruttivo mirante alla "liberazione di un peso percepito psicologicamente insopportabile".[6]

 

 

In definitiva  vi è evidenza nel mondo ed in Italia di una emergenza che riguarda l’esistenza di un maggior carico di patologia psichica,  e segnatamente di depressione, per le donne di età compresa tra 15 e 44 anni. La presenza di un picco di casi in questa fascia di età indica il collegamento del disagio psichico con la condizione di vita sia della adolescente e della post-adolescente  che della donna adulta con figli minori.

 

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2.         le ricerche sui fattori eziologici e di rischio in uno studio dell'oms

 

Le ricerche sui fattori eziologici e di rischio per i disturbi psichici, e la depressione in particolare, hanno finora analizzato: fattori genetici, ormonali, eventi di vita, modelli di ruolo sessuale, strutture di personalità.

Una sintesi delle principali ipotesi eziologiche collegate a ricerche sui fattori di rischio e di malattia è fornita da uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che di seguito riportiamo suddiviso in brevi paragrafi per tipologia di fattori analizzati.[7]

 

Fattori genetici

Benchè vi sia evidenza per una influenza genetica che opera nella trasmissione dei disordini mentali, si conosce ben poco delle modalità di trasmissione di questi.

 

Fattori ormonali

  

             A.        Pubertà

            Le differenze di genere nella personalità e negli stili comportamentali prima della prima adolescenza  costituiscono  fattori di rischio per le ragazze e interagiscono con l’aumento delle sfide e dei cambiamenti nelle condizioni di vita (trasformazioni per divenire adolescenti prima e poi donne adulte)  rendendole più inclini alla depressione rispetto alla loro controparte maschile.

 

B.      Ciclo mestruale

Il meccanismo  con cui  il cambiamento negli ormoni riproduttivi durante il ciclo mestruale possa influenzare in modo grave i cambiamenti di umore non é dimostrato.

In particolare, sebbene le donne abbiano più probabilità degli uomini di incorrere nell’arco della propria vita in un evento depressivo, tra quelle che hanno sperimentato un episodio di depressione maggiore  non compare un maggiore rischio - rispetto all’uomo  - di ricadute o ricomparse dell’evento; e ciò pertanto  contraddice una ipotesi di  correlazione tra depressione e ciclo ormonale.

 

C.      Post partum

            Il contributo di questo periodo all’insorgenza della depressione è limitato: secondo Kaplan e Sadock  (1991) il disturbo depressivo compare in 1 o 2 casi per 1000 donne che hanno partorito.

            Per questi due autori, sebbene l’improvvisa caduta del livello di estrogeni e progesterone immediatamente dopo il parto possa contribuire all’abbassamento del tono dell’umore, il trattamento con questi ormoni non ha successo.

 

D.        Menopausa

Le differenze di genere tendono a diminuire in età più avanzata: queste evidenze suggeriscono che la menopausa non è associata con un incremento del rischio di depressione.

 

Modelli sociali

Il ruolo dei fattori sociali nell’insorgenza di episodi depressivi è ben conosciuto.

            Un modello esaustivo è rappresentato dai risultati di uno studio su un campione random di donne di un sobborgo di Londra (Camberwell) e delle Outer  Ebridi, condotto da Brown e Prudo (1981). Il modello proposto individua tre tipi di fattori nell’insorgenza della depressione:

-                agenti provocanti costituiti da importanti eventi di vita, responsabili dello sviluppo di più casi di depressione;

-                fattori di vulnerabilità costituiti da tipologie ricorrenti di accadimenti della vita quotidiana: mancanza di confidenza con il partner, mancanza di supporto sociale, presenza di due o tre figli  con età inferiore a 14 anni, morte della madre prima dei 10 anni;

-                fattori che influenzano la formazione dei sintomi e che non aumentano il rischio di depressione ma solo la sua fenomenologia (durata, comorbidità con sintomi ansiosi, fobici, ecc.)

Il ruolo degli eventi di vita è stato studiato da Paykel (1994); gli eventi sono stati raggruppati in un’unica serie di eventi indesiderabili e  minacciosi, comprendenti anche gli eventi di perdita considerati più specificamente associati con la depressione. Il risultato di questo studio è che un numero significativamente maggiore di eventi è associato con l’insorgenza della depressione. Inoltre Paykel ha studiato la mancanza di supporto sociale come fattore di rischio per la depressione.

            In questi studi vi è evidenza che le donne  sperimentano un numero maggiore di eventi indesiderati e minacciosi rispetto agli uomini (Kessler e McLeod, 1984; Bebbington et al., 1988) o danno un maggiore significato distruttivo all’evento  dopo averlo sperimentato ( Wilhelm e Parker, 1993) e questo in parte può spiegare l’aumento di vulnerabilità alla depressione.

Vi è evidenza  che il contesto familiare e culturale, con la specifica struttura dei ruoli sociali e le aspettative correlate, può influenzare il numero di life events ed il rischio di depressione associato.

            Pochi studi tentano di determinare l’aumento di rischio per lo sviluppo della depressione  associato con eventi stressanti. Il rischio nei sei mesi seguenti  l’evento è approssimativamente sei volte maggiore e decade rapidamente con il tempo dopo l’evento (Paykel, 1978). Comunque, Cooke (1987) ha valutato  la proporzione di disturbi depressivi causati da eventi di vita  e fornisce un valore oscillante tra il 29% ed il 69%, con una media intorno al 40%. Queste scoperte suggeriscono che i life events giocano un ruolo importante nella insorgenza della depressione insieme con altri fattori.

 

La violenza sessuale

            Sul tema della violenza vi sono evidenze epidemiologiche significative, che non vengono prese in considerazione nella ricerca e nella pratica clinica.

            Questa evidenza, illustrata in tutte le indagini su donne che hanno subito violenza, segnala l'alta percentuale di effetti psichici, tra i quali ha un posto principale la depressione. Nonostante ciò la psichiatria nelle sue indagini non prende in considerazione questo fattore e nella prassi medica non viene specificamente  considerata una eventuale eziologia da violenza sessuale (o altra tipologia di maltrattamento). Riportiamo a questo riguardo il dato della World Bank che ci sembra più autorevole per rappresentare questa interconnessione tra depressione e violenza sessuale:

 

 

Disability-adjusted life years (Daly’s lost) to women age 15 to 44

 due to conditions attributable to domestic violence and rape.

Relevant conditions

Total DALYs lost to women age 15 to 44 (millions)

Share attributable to domestic violence and rape

Depression

10.7

50 percent

Alcohol dependence

0.9

10 percent

Drug dependence

1.1

10 percent

Post Traumatic stress disorder

2.1

60 percent

Suicide

5.5

30 percent

 

Dallo schema si vede in particolare come nel 50% dei casi di depressione vi sia una stima di attribuzione causale alla violenza domestica o allo stupro (rape).[8]

 

La severità e la durata dell’esposizione alla violenza sono predittori della severità dei sintomi psichici. I tassi di depressione negli adulti sono 3 o 4 volte più alti nelle donne esposte ad abusi sessuali nell’infanzia o a maltrattamenti da parte del partner nella vita adulta. Successivamente alla violenza una donna su tre sviluppa una sindrome post-traumatica da stress, mentre solo una donna su 20, tra quelle non vittime di violenza, sviluppa una sindrome post traumatica da stress[9].

 

Modelli di sviluppo

Secondo la teoria psicoanalitica classica, le donne sono più inclini dei maschi alla depressione perché la struttura di personalità femminile è la risultante di uno sviluppo psico-sessuale più problematico ed incerto di quello maschile[10]. Inoltre la struttura di personalità femminile è più incline al  masochismo, alla bassa autostima, alla dipendenza ed alla inibizione della ostilità.

Teorie psico-sociali più recenti invece individuano i fattori di personalità come risultanti di agenti culturali ed educazionali.

Ruble ed altri (1993) hanno suggerito che agenti di socializzazione e stereotipi di genere possono influenzare la costruzione dell’identità. In generale i genitori  tendono a favorire comportamenti dipendenti e attitudini alla "cura degli altri" nelle ragazze, e indipendenza e comportamenti attivi nei maschi. Questo atteggiamento conforme agli stereotipi culturali enfatizza la competenza e la fiducia nei maschi in opposizione alla passività, bisogno di sostegno e dipendenza nelle femmine.

L’effetto degli agenti di socializzazione e degli stereotipi di genere insieme contribuiscono a che le ragazze mostrino livelli maggiore di preoccupazione nella valutazione di sé. Queste preoccupazioni possono avere la funzione di precursori o fattori di rischio per lo sviluppo futuro di una depressione. Infatti le preoccupazioni di piacere agli altri, le preoccupazioni di soddisfare adeguatamente i bisogni degli altri, secondo quello che indicano i modelli della cura e della maternità, più elevate nelle ragazze in riferimento al loro ruolo sessuale, fanno in modo da rendere più probabili le esperienze di fallimento nel corrispondere agli standards di comportamento e producono un più basso senso di padronanza e di controllo su eventi e scelte di vita.

 

Modelli di ruolo sessuale

L’impatto dei ruoli sociali e delle aspettative può essere responsabile delle differenze di genere nei tassi di depressione. Specifica attenzione  è stata  data all’effetto del matrimonio sui tassi di depressione. L’essere sposati sembra avere un effetto protettivo per i maschi e un effetto dannoso per le donne, poiché in generale i più alti tassi di depressione delle donne sono spiegabili con i tassi più alti di depressione delle donne sposate (Weissman e Klerman,1977).

            Un ulteriore aspetto è stato preso in considerazione: la cura dei figli. Brown (1975) ha preso in considerazione la relazione tra stress psico-sociale e conseguenti disturbi affettivi e ha trovato che le donne sposate della classe lavoratrice con tre o più figli sotto i 14 anni  avevano tassi più elevati di depressione.

Questi studi suggeriscono che la maggiore vulnerabilità delle donne sposate alla depressione possa essere associata al lavoro familiare come fonte di stress. Infatti, le donne sposate che non lavorano fuori casa poggiano solo sull’identità di moglie e madre per l’autostima, e questo ruolo porta con sé molti elementi frustranti come routine, isolamento, nessun guadagno economico ed inoltre è svalutato nella società moderna.

            D’altro lato, donne che entrano nel mercato del lavoro, fronteggiano discriminazioni ed iniquità, con relativi bassi livelli di controllo sul lavoro, bassa complessità, scarsa sicurezza, e  basso salario.

            Inoltre, poiché le donne  sentono come responsabilità primaria la cura dei figli e della casa, le donne lavoratrici  sperimentano  un sovraccarico di ruolo ed un conflitto di ruolo. Queste differenze di genere  nel tipo e nella struttura di occupazioni e ruoli creano aspettative che influenzano lo stato di salute mentale (Gove 1979).

Infatti, Meddin (1986) usando dati da una ricerca nazionale sulla qualità della vita negli Stati Uniti, ha fatto una comparazione tra intervistati maschi e femmine sposati che rispondevano ai criteri della tradizionale divisione del lavoro, in cui il maschio lavora e la donna no;  ed intervistati sposati che corrispondevano ai criteri della divisione del lavoro "non tradizionale” nella quale ambedue i coniugi lavorano. Le donne hanno riportato più depressione dei maschi in ambedue le situazioni: di lavoro esterno o di esclusivo lavoro familiare.

 

            Considerazioni complessive

Dal complesso delle ricerche presentate dall'OMS nello studio citato, emerge come  siano più deboli o scarsamente suffragate da dati  e correlazioni significative  le ipotesi  genetiche,  ormonali e psico-costituzionali (struttura di personalità). Al contrario, maggiori dati significativi emergono dalla ricerca sui fattori di ruolo, sugli eventi di vita, tra cui ruolo importante svolgono la violenza sessuale ed il maltrattamento.

L’OMS segnala i seguenti fattori psico-sociali responsabili dello scarso livello di salute mentale nelle donne: le pressioni create dai loro multipli ruoli, la discriminazione di genere, e fattori associati di  povertà, fame, cattiva nutrizione, superlavoro, violenza domestica e violenza sessuale. [11]

Inoltre segnala come vi sia una positiva correlazione tra la frequenza e la severità dei fattori sociali e la frequenza e la severità dei problemi mentali nelle donne. Severi eventi di vita, che causano un senso di perdita, inferiorità, umiliazione od oppressione, possono essere fattori predittivi della depressione

In particolare l’OMS suggerisce di focalizzare la ricerca sui fattori psico-sociali, fattori fino a questo momento scarsamente presi in considerazione a vantaggio di quelli connessi con la  vita riproduttiva, considerata finora il perno della salute femminile,  soprattutto nei paesi in via di sviluppo.[12]

 

 

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3.               GAPS

 

 

Tutte le evidenze statistiche, epidemiologiche, cliniche finora segnalate non hanno avuto effetti sulla valutazione della salute mentale della donna come problema specifico e prioritario.

Si nota così la mancanza di attenzione alla salute mentale della donna e l'assenza dell'integrazione del punto di vista di genere:

1.      nelle scelte di politica sanitaria,

2.      nei piani di ricerca finalizzata, nella ricerca epidemiologica e statistica, nella ricerca sui fattori eziologici,  nella ricerca sull'efficacia dei farmaci;

3.      nella pratica clinica, nella diagnosi e nel trattamento;

4.      nella prevenzione;

5.      nella formazione.

 

3.1       La politica sanitaria

 

In Europa ed in Italia, nonostante negli ultimi due anni, vi sia un’attenzione dell’OMS sul problema della salute mentale della donna, non sono state espresse priorità sulla questione della maggiore incidenza di patologie psichiche tra la popolazione femminile e  della necessità di approntare programmi mirati di ricerca e servizi.

 

3.2              La ricerca

 

Nella maggioranza degli stati europei non esistono programmi di ricerca governativi finalizzati alla salute mentale delle donne.

 

2.1 La ricerca sui fattori eziologici e di rischio 

Sono sempre le ricerche sui fattori biologici e genetici ad essere svolte con ampi mezzi finanziari ed anche con il sostegno delle industrie farmaceutiche, che da esse traggono i maggiori profitti.

Le ricerche sui fattori psico-sociali, che hanno contribuito ad ampliare le conoscenze sulla differenza di genere nella malattia mentale non hanno adeguati finanziamenti.

Queste ricerche inoltre sono ancora carenti nella loro impostazione perchè non si sono ancora indirizzate allo studio della interconnessione dei vari fattori singolarmente risultati significativi per le donne, come lo stato matrimoniale con la presenza di figli piccoli, la mancanza di confidenza con il partner, la mancanza di supporti sociali, i modelli di ruolo ed  educazionali con l'orientamento psicologico alla scarsa impositività, dipendenza e scarsa valorizzazione di sè (bassa autostima), la violenza ed i maltrattamenti, la svalutazione sociale.

 

 

2.2 La ricerca farmacologica

Pur essendo le donne le maggiori consumatrici di psicofarmaci, non vi sono studi sulle diverse risposte al trattamento farmacologico di donne ed uomini.

La sperimentazione sulla efficacia dei farmaci è svolta su campioni a prevalenza maschili ed i risultati non sono differenziati per sesso. Così le donne consumano più psico-farmaci ma godono di minori condizioni di efficacia e sicurezza rispetto agli uomini; questi ultimi al contrario sono adeguatamente rappresentati nei trials clinici e farmacologici[13].

 

2.3 La ricerca sui criteri diagnostici e sul trattamento psichiatrico

 

a. la diagnostica

La diagnostica psichiatrica, si attua prevalentemente considerando la fenomenologia dei sintomi.  Mancano analisi eziopatogenetiche più approfondite sulla derivazione del sintomo dalle  specifiche condizioni di vita.     La mancanza di questo criterio  diagnostico (la rilevazione della eziopatogenesi) è di notevole danno perchè non impone ai  ricercatori ed operatori sanitari una riflessione sulle cause psico-sociali e ambientali, utili ad effettuare quella prevenzione secondaria che nelle donne, più soggette a cronicizzazione e ricadute degli episodi patologici (in particolare la depressione), è particolarmente carente. 

Pur essendo le donne a ricevere con più frequenza una diagnosi di depressione, i manuali diagnostici più usati ( DSM I V, ICD 10)  non tengono conto dei livelli di gravità della sintomatologia dal punto di vista della donna; la gravità dei sintomi e la loro rilevanza sociale è misurata sulle condizioni di vita maschili.

Così succede che tipici vissuti depressivi delle donne  caratterizzati da "senso inutilità, senso di incapacità, mancanza di desiderio in tutti i campi, blocco delle attività, desiderio di morire, non riconoscimento di sè e non accettazione di sè nella condizione depressiva " non costituiscono sufficienti indici di gravità perché non risultano associati con  comportamenti di allarme sociale.

 Unico criterio di gravità è associato con il post-partum, nei casi (una minoranza) in cui il disagio della madre si traduca in un acting-out auto ed etero distruttivo ( suicidio/omicidio).

La depressione femminile, in tutti gli altri casi non "fa rumore" e passa inosservata; ad essa  non sono riconosciuti gli effetti a largo raggio sulla vita sociale e familiare. Eppure recenti ricerche hanno evidenziato come tra gli eventi associati al rischio depressivo negli adolescenti vi sia proprio il supporto svolto ad una madre depressa o stressata.

 

b. il trattamento

Sul piano dei trattamenti non vi sono ricerche su nuove metodologie di intervento mirate a:

§         la osservazione della vita quotidiana (in primis il doppio e triplo lavoro (lavoro in casa, di cura e per il mercato) e degli stili comportamentali;

§         il cambiamento dell'organizzazione quotidiana e degli stili di risposta implicati nella percezione del malessere. 

 

Inoltre gli interventi risentano dell'atteggiamento degli operatori sanitari che mostrano di non avere alte aspettative nei confronti delle donne.  Il reinserimento nei ruoli di moglie, madre e casalinga sembra costituire ai loro occhi un sufficiente traguardo per le donne ammalate.

Così anche i programmi di riabilitazione per le donne sono molto carenti e non prevedono il miglioramento di competenze sociali, l'arricchimento di risorse personali ai fini di un aumento dell'autostima (fattore psico-sociale di grande peso nella genesi della depressione).

 

3.3.      La pratica clinica

 

Nella pratica clinica si riscontra la maggiore presenza di pregiudizi sessuali: la maggiore diffusione delle patologie mentali ed in particolare della depressione tra le donne viene considerata, dalla maggioranza degli psichiatri, un normale effetto della loro natura sia biologica (il ciclo biologico-ormonale con le sue fluttuazioni) che psicologica (la struttura di personalità tipicamente femminile caratterizzata da: dipendenza, passività e scarsa stima di sè).

I trattamenti per le donne sono i più tradizionali; l'intervento prevalente è quello farmacologico da solo o associato a trattamento psicologico

Le donne beneficiano meno dei trattamenti innovativi di tipo psico- riabilitativo che sono al contrario centrati sulle specifiche esigenze degli  uomini e sul recupero delle competenze sociali al lavoro produttivo.

I ricoveri (anche quando sono richiesti e promossi dalle donne stesse) in ambiente ospedaliero non rispondono ai loro bisogni di avere un adeguato alleggerimento della pressione del lavoro familiare, senza dover sopportare lo stigma  associato ai ricoveri psichiatrici che etichettano una persona come "incapace a sostenere il suo ruolo sociale e/o familiare"

Le donne rispetto agli uomini sono assistite per più tempo dai servizi, subiscono trattamenti farmacologici più a lungo e con maggiori effetti di cronicizzazione e dipendenza psicologica.

Questi dati sulla maggiore durata delle terapie nelle donne deve far pensare a trattamenti più improduttivi, rispetto agli uomini; a trattamenti cioè che più difficilmente raggiungono l'obiettivo del miglioramento delle condizioni di salute nelle donne.

 

3.4.      La prevenzione

 

Gli studi pur esistenti non hanno sviluppato indicazioni per il riconoscimento di fattori di rischio e dei fattori di protezione nella vita quotidiana da utilizzare in campagne di prevenzione  mirata.

La prevenzione dovrebbe essere la priorità  in assoluto per  qualsiasi sistema sanitario in qualsiasi patologia: invece nell'ambito delle patologie mentali non emerge un interesse specifico a sviluppare studi ed indicazioni per una prevenzione primaria. Ciò danneggia soprattutto le donne che sono la popolazione più colpita e che hanno proprio nell'ambiente di vita i fattori di rischio più elevati.

Una prevenzione impropria (in quanto coincidente con il trattamento) è costituita dalla indicazione di: iniziare l'assunzione di farmaci il più precocemente possibile, cioè al primo sintomo, a partire anche dall'adolescenza e per tempi anche molto lunghi.

Questa indicazione interagisce negativamente con il dato che le donne subiscono più effetti collaterali e  indesiderati dall'uso di psico-farmaci.

 

3.5       La formazione

 

Anche i programmi di formazione sono insoddisfacenti ed inadeguati rispetto ai problemi di salute della donna. Questi programmi non tengono conto della differenza di genere nella diffusione dei  disturbi mentali ovvero della maggiore morbidità delle donne,  nè della necessità di formare la classe medica al riconoscimento dei fattori di rischio psico-sociali presenti nella vita quotidiana femminile.

La formazione dei sanitari, medici di base e psichiatri, è sostenuta soprattutto, con specifico riferimento alla situazione italiana, dalle industrie farmaceutiche, e come tale tende a sviluppare un maggiore interesse verso la cura ed  il trattamento farmacologico  piuttosto che verso la prevenzione.

 

3.6       L'organizzazione di servizi

 

I servizi con un focus sulla donna e sulla differenza di genere ( gender- sensitive) sono pochissimi, la stragrande maggioranza  ignora i bisogni di salute delle donne in questo campo, nè si interroga su di essi.

Nella programmazione sanitaria manca qualsiasi orientamento in tal senso; non vengono date  indicazioni per combattere meglio i tassi di morbidità tra le donne, non vengono proposti servizi o attività cliniche gender-oriented; nè vengono organizzate specifiche attività per gruppi a rischio come le adolescenti, oppure le donne con doppio- triplo  carico di lavoro, e/o le donne casalinghe con figli piccoli, oppure le donne in gravidanza.

I trattamenti sia di ricovero che ambulatoriali, che oggi avvengono in ambiente misto, in nome di una male intesa parità uomo-donna, non rispondono alle loro esigenze. Le donne hanno sempre più spesso, come confermano le statistiche internazionali e nazionali, problemi legati al rapporto con un partner violento; rapporti dai quali  esitano quasi sempre traumi e danni psichici, associati spesso ad un rifiuto della figura maschile, per i quali si richiedono spazi e tempi specifici di intervento (non condivisi "obbligatoriamente" con i maschi).

 

            In sintesi i  servizi di salute mentale sembrano corrispondere meglio alle esigenze maschili; sono infatti orientati sulla efficienza prestazionale: "restituire in breve tempo la persona al suo contesto di vita per riprendere le attività interrotte"  senza curarsi di   osservare  prima se le attività, che la malattia ha interrotto,  non siano proprio quelle a causare il malessere e la patologia.

 

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4.                  QUALI PROPOSTE FARE:  LE PRIORITÀ DA SEGNALARE NELLA PREVENZIONE

 

Riteniamo che il campo di studio e ricerca, nonchè il campo clinico, siano attraversati da evidenze che non hanno finora portato a consequenziali atti e misure di modifica per rendere appropriati i trattamenti clinici e la prevenzione.

Le misure da proporre possono consistere, in questa fase, nella elaborazione di Indicazioni, Raccomandazioni e Linee guida utili al riconoscimento, alla selezione e all’adozione di comportamenti appropriati sia sul piano della clinica che della ricerca.  Tali comportamenti costituiscono la base per accedere ad una corretta prospettiva di prevenzione nel campo della salute mentale: se infatti sono sottovalutati o non sono adeguatamente indagati i fattori di rischio psico-sociali ed ambientali non sarà in alcun modo possibile definire quelle misure adatte a proteggere la salute delle donne all'interno della loro vita quotidiana.

D'altra parte i fattori di rischio e di protezione possono essere indagati solo se si precisa, dal punto di vista di genere, quali siano le condizioni concrete, sociali, ambientali e relazionali all'interno delle quali si produce un maggior disagio; ovvero quelle condizioni all'interno delle quali si verifica che più donne ammalano, e più donne di quale età, di quale appartenenza sociale, con quali specifiche situazioni di vita.

Se la prevenzione primaria riguarda le donne non ancora ammalate, e punta a individuare precocemente le condizioni di rischio ed a trasformarle prima che divengano occasioni concrete di produzione di disagio; la prevenzione secondaria non è una sfida meno importante per il miglioramento della salute e della qualità di vita delle donne. Essa infatti riguarda le tante donne già ammalate  che incorrono più degli uomini nel rischio di ricadute e cronicizzazione del loro disagio, a causa di trattamenti che non sono a loro misura, o che non colgono in maniera soddisfacente le condizioni di partenza del loro disagio.

 

4.1        L'importanza di una raccolta dati disaggregata per sesso

 

Senza dati differenziati per sesso, non si possono costruire mappe di rischio e profili psico-sociali per fondare indicazioni attendibili per la prevenzione.

Si rendono così urgenti e necessarie Raccomandazioni a tutti i Servizi, periferici (Regioni) e Centrali (Ministeri)  perché adottino le seguenti misure:

-         individuazione e standardizzazione  di procedure per la raccolta dati, concernenti le tipologie sociali e personali delle donne che si rivolgono ai servizi;

-         educazione alla raccolta dati disaggregata per sesso ed età in ogni sua definizione, e indicazione alla presentazione di survey in accordo con tale distinzione.

 

4.2                     Non vi è prevenzione senza la ricerca orientata a cogliere le differenze di genere

 

2.1  La ricerca sui fattori eziologici e di rischio:

 

si ritiene necessario formulare Raccomandazioni per integrare il punto di vista di genere nei criteri  di valutazione delle ricerche.

 Sono da considerare altamente significative le ricerche che:

-         utilizzano campioni caso-controllo;

-         reclutano  pazienti dei due sessi;

-         correlano le diverse variabili al campione diviso per sesso.

 

Questi criteri dovrebbero poter entrare negli standards da soddisfare per la presentazione di progetti di ricerca da sottoporre al finanziamento pubblico.

 

E' opportuno adottare misure per l'implementazione delle ricerche che possono offrire maggiori risultati per la prospettiva della  prevenzione primaria.

In particolare occorre implementare:

-         ricerche sulla popolazione generale, sulla popolazione dei servizi, ricerche cliniche su gruppi specifici di pazienti (ad esempio le adolescenti con disturbi dell'alimentazione o le donne con depressione post-partum, ecc.) rivolte all'analisi e standardizzazione dei fattori di rischio nella vita quotidiana e nell'ambiente, con un occhio particolare al lavoro di cura, allo stress, alla violenza in ogni tappa di vita (dalla pre-adolescenza alla età anziana);

-          programmi di ricerca multicentrici sulla individuazione di una eziologia complessa, derivata dalla interconnessione di quei fattori pscio-sociali che hanno già ottenuto singolarmente un riconoscimento dalla comunità scientifica.

-           

2.2  La ricerca in campo farmacologico

 

In questo campo, con un orientamento comune anche ad altri settori della medicina, è necessario riconoscere l'evidenza della differenza tra donne ed uomini nella farmacodinamica e nella farmacocinetica. La ricerca farmacologica deve porsi  gli obiettivi di migliorare l'efficacia e la sicurezza dei farmaci nelle donne attraverso:

a.                  la rimozione degli ostacoli all’inclusione delle donne nei trials clinici e farmacologici ;

b.                  la rilevazione dei dati su campione misti maschili e femminili;

c.                  l'esame dei dati scorporati per sesso.

 

2.3  La ricerca su nuovi criteri diagnostici e nuovi strumenti di intervento

 

È necessario apportare modifiche  ai criteri diagnostici relativi alla misurazione della gravità sociale dei malesseri inserendovi il punto di vista di genere. In particolare  la valutazione della gravità di un disturbo può essere effettuata in base alla percezione di menomazione e non solo a quanto valutato oggettivamente  in termini di disfunzione sociale.

L'integrazione del punto di vista di genere deve attraversare anche la ricerca di nuove metodologie e nuovi strumenti terapeutici.

Per le donne sono necessari nuovi e specifici strumenti terapeutici che pongano attenzione al collegamento tra malattia e vita quotidiana ed in particolare alle seguenti condizioni: lavoro familiare ed esterno (doppio lavoro) e lavoro di cura dispensato sia all'interno della famiglia che all'esterno; maltrattamenti e violenze, svalorizzazione psicologica, orientamenti educativi alla "confidence in other" (opposta alla self-confidence) e alla dipendenza dagli altri.

 

4.3       La prevenzione secondaria: diagnosi e trattamento devono evitare i rischi della cronicizzazione e delle ricadute

 

La prevenzione secondaria passa attraverso la modifica e l'integrazione degli  interventi sanitari abituali. Gli interventi vanno arricchiti con la conoscenza della storia degli eventi che una donna subisce nel corso della vita, in accordo con quanto detto dalla letteratura internazionale sul tema, e con la definizione delle condizioni di carico e di stress attinente alla realtà della  maternità e del lavoro di cura.

 

Gli interventi di qualsiasi tipo devono tenere conto di due elementi principali:

-         che molte donne soffrono nella vita quotidiana di: isolamento, separazioni, vedovanza, mancanza di impiego, mancanza di supporti materiali ed emotivo-affettivi; carico di figli, violenza, stress, ecc.

-         e che molte donne che soffrono di ansia e depressione non parlano delle difficoltà della vita quotidiana e non riconoscono queste come cause del loro malessere.

 

Vanno quindi  predisposte specifiche Raccomandazioni che orientino gli operatori sanitari a:

-         chiedere alla donna e raccogliere notizie sulla sua condizione di vita antecedente all'insorgenza della patologia, in accordo con i dati più frequenti sui fattori di rischio psico-sociale,  presenti nella letteratura;

-         valutare le strategie più efficaci di alleggerimento dei carichi di lavoro e responsabilità connessi con il ruolo materno e le attività di cura, e proporre alla donna stili di vita maggiormente centrati sul benessere personale.

 

Vanno inoltre indicati agli operatori sanitari alcuni strumenti validi per un trattamento che si ponga anche la finalità della prevenzione secondaria.

Tra questi strumenti operativi si segnalano in letteratura, come particolarmente efficaci:

- i gruppi di discussione e supporto tecnico con donne che presentano, pur nelle diverse sintomatologie, problemi di vita comuni come: adolescenti e post-adolescenti, donne sposate con figli piccoli, donne con vicende di violenza e maltrattamento, ecc.;

- i gruppi di auto-aiuto tra donne, che possono rispondere al bisogno di costruire una rete sociale di supporto in un contesto di parità e reciprocità, nel quale sia possibile  riconoscere un comune valore nell'appartenenza al genere femminile, ed accrescere il senso di sè e la "self-confidence".


 

4.4              La prevenzione primaria

 

Una buona prevenzione è quella che riconosce i fattori di rischio, li traduce nei corrispondenti fattori di protezione e li trasferisce in adeguate informazioni. I fattori che entrano nella prevenzione primaria sono quelli che finora la ricerca ha riconosciuto come significativamente correlati con le condizioni di patologia e quelli che successivamente individuerà, a partire da metodologie sempre più orientate a cogliere le differenze di genere.

La prevenzione primaria non può che rivolgersi al riconoscimento di fattori sociali, educazionali, relazionali, ambientali: sono queste le condizioni esterne che possono creare nella singola persona difficoltà emozionali e disturbi del funzionamento psichico. Fattori su cui è possibile agire prima che essi, a determinate condizioni  di sovraccarico, di tensioni relazionali, di pressioni, ecc., diano l'avvio ad un percorso di formazione della  patologia psichica.

 Sulla base dei dati finora riconosciuti e validati dalla Organizzazione Sanitaria Mondiale possiamo individuare due categorie di soggetti con maggiore vulnerabilità:

-         le ragazze adolescenti e post-adolescenti;

-         le donne nel pieno delle responsabilità familiari e di cura.

A queste due categorie vanno indirizzati programmi di prevenzione mirata.

 

La prevenzione mirata significa preparare campagne di informazione  dirette ad intercettare l'attenzione di questi due gruppi sui dati  che riguardano gli specifici fattori di rischio convalidati dalla comunità scientifica.

 

v     La prevenzione rivolta alle donne,

 può beneficiare di progetti di una informazione sui rischi relativi a:

-         la totale dedizione al lavoro di cura, da solo o associato al lavoro familiare  ed a quello per il mercato;

-         il maltrattamento psicologico e/o fisico continuato e tollerato;

-         l'isolamento e la mancanza di una rete relazionale;

-         la mancanza di self-confidence  di contro ad una pratica di affidamento ad altri;

-         la privazione di potere economico e decisionale sulla propria vita.

 

v     La prevenzione rivolta alle adolescenti necessita di mediatori sociali come la famiglia/i genitori e la scuola/gli insegnanti  cui vanno rivolte precise informazioni.

§         I genitori devono conoscere i rischi che maggiormente creano le condizioni di disagio nell'ambito della famiglia .

 

Fattori di rischio per la patologia psichica negli adolescenti  sono:

-         la tendenza ad alleanze con un figlio contro l'altro genitore; la tendenza a svalorizzare agli occhi di un figlio un genitore, in particolare la madre agli occhi delle ragazze;

-         la violenza indiretta di un padre su una madre è fattore di rischio per i figli in genere ed in particolare per la figlia femmina,  sul cui sviluppo psicosessuale si proietta l'immagine femminile vittimizzata e svalorizzata;

-         la violenza e l'abuso sessuale in famiglia, e la mancanza di tutela;

-         lo sfruttamento delle risorse dell'adolescente femmina  per il supporto al lavoro familiare ( materiale o di cura);

-         la disparità di atteggiamenti educativi maschio-femmina con le maggiori limitazioni di movimento per le  femmine;

-          l'orientamento ad affidarsi al giudizio degli altri e la tendenza a ridurre nelle femmine  le  esperienze di "self-confidence".

 

§         Gli insegnanti devono essere informati che i rischi di patologia psichica, collegati alla scuola, si riferiscono al mancato esercizio di un ruolo di protezione da parte della scuola stessa. Tale ruolo è infatti presente nelle finalità "naturali" della scuola che sono quelle di promuovere e sviluppare le capacità e le risorse dell'adolescente.

 

Ciò cui la scuola deve mirare, per costituirsi come polo formativo di benessere, è una organizzazione adatta a creare socializzazione ed interscambi, promuovere l'iniziativa e le autonomie personali, sostenere nelle attività la valorizzazione di sè insieme a quella degli altri; sviluppare la solidarietà e la capacità di studiare e stare insieme  in gruppo.

Ma la scuola deve aver cura anche di promuovere giuste relazioni tra i sessi e di formare una cultura della parità tra le nuove generazioni. In questo senso la scuola può:

-         combattere i pregiudizi sessuali, valorizzando la parità dei sessi e le differenze tra persone;

-          sviluppare parimenti in maschi e femmine il lavoro intellettuale e quello di cura rivolto alle relazioni e all'ambiente;

-         vigilare e sviluppare una comunicazione sulle modalità di rapporto tra i due sessi per prevenire e contrastare orientamenti alla violenza.

 

v     La cultura della prevenzione con un orientamento al genere va soprattutto  rivolta agli  operatori sanitari della medicina generale, che costituiscono il primo livello di contatto con la donna che manifesta un malessere o un sintomo psichico.

Per la prevenzione primaria, occorre che gli operatori della medicina generale abbiano accesso ad adeguate informazioni sui fattori principali di rischio che agiscono nelle donne, acquisiscano competenza in modo da evitare che il loro intervento vada involontariamente nella direzione opposta a quella della prevenzione e si definisca oggettivamente  come fattore di cronicizzazione.

.

Per gli operatori sanitari si deve prevedere e stimolare la partecipazione a corsi di formazione orientati a sviluppare la competenza nel:

-         riconoscimento dei fattori di rischio psico-sociali collegati  a specifiche tappe di vita (come l'adolescenza, e la maternità);

-          counseling alla donna nella fase tipica della insorgenza di un disagio che si caratterizza come confusione (non saper cosa è giusto o meno), indecisione (non saper più fare ed agire in autonomia), presenza di più sintomi dello spettro ansioso-depressivo, disorientamento  su "cosa si è diventati e su cosa fare" .

 

4.5              I servizi

 

E' necessario che i servizi per la salute mentale siano rivolti ad organizzare attività di prevenzione, cura e riabilitazione  intorno ai bisogni specifici delle donne.

 

Si possono indicare tre tipi di servizi in questa area.

 

1.         Il primo tipo è rivolto a prevenire specifiche situazioni si stress.

L'obiettivo principale è fornire informazioni sul collegamento tra vita quotidiana e disagio psichico trasferendo alle donne competenze circa la capacità di:

-         individuare precocemente  stress, fatica e stanchezza prima che esse divengano patologie;

-         superare  la tendenza, trasmessa dai modelli educativi, alla subordinazione ed alla dipendenza;

-          reagire alla violenza in famiglia e al maltrattamento psicologico.       

In questi servizi potrebbero essere organizzati:

a.   centri-ascolto;  corsi di formazione; gruppi di supporto sociale e psicologico, rivolti a donne con specifici problemi:

-    donne con difficoltà nel post-partum;

-    donne con difficoltà nella organizzazione del lavoro familiare ed extrafamiliare (difficoltà nella conciliazione del doppio carico di lavoro);

-    donne maltrattate, con abuso di alcool, ecc. etc.;

b.   programmi di educazione alla salute con l'obiettivo di sviluppare e/o accrescere :

-   l'abilità delle donne a comunicare ed esprimere le emozioni negative;

-   la capacità a prendersi "cura di sè";

-         l'abilità ad analizzare il proprio stile di vita in rapporto alle condizioni di salute;

-   la stima di sè.

 

2.         Il secondo tipo di servizi è indirizzato a donne che hanno già sviluppato una patologia psichica o manifestato sintomi psichici, e che hanno già avuto un trattamento psichiatrico.

            Queste donne potrebbero essere incoraggiate a comprendere il modo in cui la loro vita quotidiana le ha condotte verso la patologia.

            I servizi specialistici di salute mentale dovrebbero al loro interno differenziare le attività di accoglienza ed intervento per le donne, in modo da cogliere meglio i loro bisogni di supporto e le loro tematiche collegate alla formazione del disagio psichico.          Questi servizi specifici rivolti alle donne dovrebbero prospettarsi i seguenti obiettivi:

-         ridurre l'uso di terapie farmacologiche,  considerando che le donne sono le più alte consumatrici di psicofarmaci e che ciò non fa bene alla loro salute;

-         privilegiare un approccio globale mirato alla comprensione delle cause che hanno portato la donna alla patologia;

-         fornire supporto alle donne con carichi di lavoro familiare ed extra-familiare stressanti;

-         individuare e sviluppare la rete di supporti familiari ed extra-familiari;

-         sviluppare interventi terapeutici individuali e di gruppo per modificare stili di vita onerosi per le donne;

-         sviluppare specifiche attività di riabilitazione in cui le donne possano concretamente apprendere e mettere in pratica modelli di comportamento sociali che rinforzino le capacità di autonomia e  di stima di sè.

 

3.                  Il terzo tipo di servizio si propone di andare incontro alle esigenze delle donne che chiedono un periodo di distacco dall'ambiente familiare, in concomitanza con una serie di eventi stressanti tipici della vita di una donna. L'ambiente ospedaliero non è indicato a queste esigenze delle donne, che hanno soprattutto il bisogno di recuperare energie e rivedere stili di vita e di comportamento. Per questo tipo di esigenze sono più adatte le case di accoglienza, così come organizzate in altri paesi europei.

Le case di accoglienza potrebbero allora essere rivolte a:

-         donne adulte  in difficoltà nella relazione con i partner (maltrattate, in via di separazione, ecc) o in difficoltà rispetto alla gestione del carico familiare (in condizione di stress) ecc; in ogni altra difficoltà con effetti di tipo psichico; ecc.

-         giovani donne, anche adolescenti, in difficoltà nella relazione con i genitori, o con problemi di dipendenza.

Nelle case di accoglienza potrebbero essere svolti programmi psico-sociali specifici di prevenzione e riabilitazione a secondo delle esigenze delle donne ospitate.

 



 


[1] Il DALYs sviluppato dall’OMS e congiuntamente dalla Harvard University e dalla World Bank, misura il carico complessivo di malattia combinato da un lato con gli anni di vita potenzialmente in meno rispetto alla durata della vita statisticamente prevedibile (YLLs: years of life lost); dall’altro lato, con gli anni di vita produttiva in meno rispetto alla disabilità prodotta dalla condizione di patologia (YLDs: Years lived with disability).

[2] WHO, The World Health Report 2001, http://www.who.int/whr2001/2001/main/en/

http://www.who.int/whr2001/2001/main/en/pdf/presskit/WHR2001-F-disorder-en.pdf

 

[3] WHO, Department of Mental Health and Substance Dependence, “Gender Disparities in Mental Health” 2002. http://www.who.int/mental_health/media/en/242.pdf

 

[4] Idem

[5] Idem

[6] Riportiamo di seguito  alcuni dati sulla condizione psichica della maternità, tratti dal “l American College of Obstetricians and Gynecologists. Postpartum depression.” http://www.medem.com/ (search on "postpartum depression")

Depression and anxiety disorders disproportionately affect women. According to the 1998 Behavioral Risk Factor Surveillance Survey (BRFSS), females were more likely than males to report poor mental health status in the month prior to the survey. Twelve percent of females reported having between three and seven poor mental health days as compared to 9 percent of men. Five percent of women reported being in poor mental health for the entire month.

In addition to the depression that women may experience at other times in their lives, partum depression after having a baby.  As described by the American College of Obstetricians and Gynecologists, in contrast to more transient "baby blues" experienced by 70- 80 percent of new mothers, women with post- partum depression have more long-lasting and intense feelings of sadness, anxiety, or despair and may have trouble coping with their daily tasks.

 

[7] M. Piccinelli and f. Gomez Homen (1997), Gender differences in the Epidemiology of affective Disorders and Schizophrenia, Nation for Mental Health, WHO, Geneva. http://www.who.int/mental_health/resources/publications/en/

http://www.who.int/mental_health/media/en/66.pdf

 

[8] World Bank Discussion Paper (1994) Violence Against Women: The Hidden Health Burden.   The  World Bank,  Washington, D.C.

[9] WHO, Department of Mental Health and Substance Dependence “Gender Disparities in Mental Health"

http://www.who.int/mental_health/media/en/242.pdf

 

[10] S. Freud, (1931). «Sessualità femminile», Boringhieri, Torino, 1970.

 

[11] Gender and women's Mental Health, May 2202, WHO http://www.who.int/mental_health/prevention/genderwomen/en/

 

[12] The relationship of women’s reproductive functioning to their mental health has received protracted and intense scrutiny over many years while other areas of women's health have been neglected. Recent research suggests that the impact of biological and reproductive factors on women's mental health is strongly mediated and, in many cases disappears, when psychosocial factors are taken into account.

For example, research on menopause has revealed that emotional well being in middle aged women is positively associated with their current general health status, psychosocial and lifestyle variables, but not with their menopausal status nor their hormone levels. (WHO, Department of Mental Health and Substance Dependence “Gender Disparities in Mental Health” http://www.who.int/mental_health/media/en/242.pdf

 

[13] Cfr.: Adriana Ceci e Giovanni Muscettola in  ( a cura di) Elvira Reale " Una salute e misura di Donna", Dipartimento Pari Opportunità, Roma 2001.