MASCHIO E FEMMINA: I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO NELL'ADOLESCENZA

DIRETTORE DELLA RICERCA: dr. Elvira Reale

 

 

Capitolo 3

 

L'ESPERIENZA DELL'INTERVENTO NELLA SCUOLA (1995-96 e 1996-97)

di

Vittoria Sardelli, Virginia D'Angelo,  Maria Sabelli,

Maria Pia Sansone, Monica Tedesco, Danila Bernardo

 

  1. IL CONTESTO DELL'INTERVENTO

 

L’attività clinica e di ricerca del Servizio Adolescenti del Centro Prevenzione Salute Mentale Donna ha messo in luce la necessità di intervento precoce sui fattori della vita quotidiana che incidono nella funzione del disagio psichico adolescenziale.

Come abbiamo già evidenziato in lavori precedenti (Reale et al, 1993a; 1993b), la storia clinica degli adolescenti che si rivolgono al nostro Servizio si caratterizza per alcuni elementi ricorrenti nel periodo precedente l'insorgenza del disturbo e del malessere.

Tali elementi, si riferiscono a situazioni/condizioni strettamente collegate alla vita quotidiana.

L'individuazione rapida dei fattori di rischio per la patologia psichica in età adolescenziale e, conseguente a questo, un intervento precoce sulle situazioni cosiddette "di confine", consente di evitare l'instaurarsi di un percorso di malattia e la sua cronicizzazione (Regoliosi, 1994).

In tal senso, il lavoro svolto dall'équipe psicologica del Servizio Adolescenti si colloca primariamente nell'ambito della prevenzione, attraverso la realizzazione di programmi di intervento sul territorio in collaborazione con le scuole medie inferiori e superiori.

La scuola, infatti, si configura come il principale (e talvolta unico) spazio extra-familiare all'interno del quale si svolge gran parte della vita quotidiana dei ragazzi: ne consegue che la scuola è spesso anche il luogo dove si manifestano i primi segnali di disagio degli adolescenti e dove, al contempo, è possibile individuare ed attivare le risorse che consentano di eliminare, o quantomeno ridurre, i fattori di rischio associati al disagio e favorire il benessere psicofisico dei ragazzi.

Va inoltre considerato che la scuola è anche il luogo dove si stabiliscono le principali relazioni significative extrafamiliari, sia con i coetanei che con gli insegnanti (spesso vissuti come figure di riferimento al pari di un genitore, o talvolta, come figure genitoriali sostitutive) e questo, come anche evidenziato dalla letteratura sull'argomento, rappresenta un primo fattore di protezione rispetto al rischio di disagio psichico.

A partire dall'anno scolastico 1995-96, e proseguendo per l'anno scolastico 1996-97, è stato avviato un progetto di prevenzione del disagio psichico presso un Istituto Tecnico Commerciale Statale della città di Napoli.

L'intervento si è articolato in tre fasi:

  1. l'informazione alle classi sui fattori di rischio;

  2. l'attivazione di un centro di consulenza psicologica all'interno della

  3. scuola;

  4. la valutazione dei risultati e dell'idoneità della metodologia utilizzata.

 

L'iniziativa è partita dall'esigenza di offrire alla scuola un intervento interistituzionale non episodico, ma sistematico ed inserito nella quotidianità della vita dei ragazzi.

Il Centro di Consulenza si è così costituito come punto di ascolto, decodifica e risposta immediata al problema segnalato dal/dalla ragazzo/a e come "filtro" per coloro che avevano bisogno di un intervento specialistico di più lunga durata (psicoterapia o altro).

Sulla base di queste premesse, la prima fase del progetto ha avuto come obiettivo primario quello di favorire negli adolescenti una maggiore consapevolezza delle difficoltà relative alla loro fase evolutiva e ai fattori di rischio associati al disagio psichico.

La metodologia utilizzata ci ha consentito, inoltre, di raggiungere un secondo obiettivo, ovvero stimolare tra i ragazzi un vivace dibattito intorno ai temi presentati o spesso da loro stessi proposti.

Poter parlare liberamente delle proprie difficoltà con un esperto ma, soprattutto, confrontarsi con i compagni senza il timore di essere giudicati ha consentito ai ragazzi di stabilire un'iniziale conoscenza reciproca al di là delle immagini spesso stereotipate o "filtrate" che ciascuno ha dell'altro.

La seconda fase del progetto, cioè l'attivazione del centro di counseling, è stata finalizzata a fornire ai ragazzi strumenti utili per la comprensione ed il superamento delle loro difficoltà.

I dati, che in questa sede presentiamo in forma descrittiva sono il risultato dei colloqui con i ragazzi.

 

Il numero di colloqui, per ciascuno studente, variava da uno a cinque

(grafico1 a, b):di questi colloqui il 28% era richiesto con la modalità urgente dalle ragazze ed il 21% dai ragazzi

Grafico 1a Anno scolastico 1995-96

 

 

 

 

Grafico 1b Anno scolastico 1996-97

 

 

2. DESCRIZIONE DEI RISULTATI

 

La popolazione della scuola in cui è stato svolto l'intervento nel 1995-96 è costituita da 1306 alunni (717 femmine e 589 maschi), mentre nel 1996-97 la scuola è costituita da 1145 alunni (523 M e 624F).

Nel 1995-96 la fase di informazione ed esperienza con i gruppi è stata rivolta a circa 700 ragazzi; la consulenza è stata richiesta spontaneamente da 70 ragazzi (46 femmine e 24 maschi), pari al 6,5% delle femmine e al 4% dei maschi della popolazione totale. Di questi 70 ragazzi/e, l'11% (ovvero il 13% dei ragazzi e l'8% delle ragazze) è stato inviato al Servizio Adolescenti del Centro Prevenzione Salute Mentale Donna per un trattamento psicoterapeutico (grafico 2a).

Mentre nel 1996-97 alla fase di informazione ed esperienza con i gruppi, rivolta solo alle prime e alle terze classi, hanno partecipato circa 500 ragazzi/e.

Le richieste di consulenza in questo anno sono state 103; di queste è stato possibile soddisfarne 66, di cui: 82% spontanee; 11% su invio dei professori; 7% su invio dei familiari. Dei 66 ragazzi che si sono rivolti al centro di counseling, il 25,7% (il 34,8% dei maschi e il 21% delle femmine) è stato inviato al Servizio Adolescenti per un trattamento psicoterapeutico (grafico 2b).

Grafico 2a Anno scolastico 1995-96

Grafico 2b Anno scolastico 1996-97

 

I risultati dell'esperienza a scuola confermano l'ipotesi da cui parte il nostro intervento di prevenzione con gli adolescenti. Oltre ad un ruolo di supporto nei confronti dei genitori, è presente, negli studenti inviati al Servizio Adolescenti, l'assenza completa di relazioni amicali.

Per questi ragazzi/e si è reso necessario un trattamento psicoterapeutico in quanto, oltre a difficoltà generiche, manifestavano specifici quadri sintomatici tra i quali, in prevalenza per le ragazze, disturbi del comportamento alimentare. Selvini-Palazzoli (1997) ha ben evidenziato come la diffusione "epidemica" di queste patologie tra le ragazze sia in stretta relazione con le aspettative spesso "schiaccianti" provenienti dal contesto socio-familiare.

In particolare, dalla nostra indagine si evincono i seguenti risultati:

Grafico 3a Anno scolastico 1995-96

 

 

Grafico 3b Anno scolastico 1996-97

 

 

Nell’anno 1995-96 si è verificato che il 74% delle femmine e il 71 % dei maschi aveva espletato una funzione di sostegno, mentre nel 1996-97 i dati sono stati del 79,1% per le femmine e il 73,9% per i maschi.

Il supporto è stato analizzato nelle sue componenti essenziali.

 

I grafici che seguono evidenziano le funzioni prevalenti del supporto.

Grafico 4a Anno scolastico 1995-96

 

 

 

Grafico 4b Anno scolastico 1996-97

 

La funzione di supporto, come abbiamo già detto, si concretizza in aiuto materiale e/o psicologico fornito dai ragazzi/e ai genitori rispetto a compiti e responsabilità non consoni alla propria fase di sviluppo bensì a quella adulta, né al proprio ruolo all’interno della famiglia. I contenuti dei compiti sono spesso collegati ad eventi della vita quotidiana dei genitori che favoriscono, unitamente ad altri elementi, la "ruolizzazione precoce" di un figlio/a.

I compiti implicano in genere:

cura: la nascita di un nuovo membro della famiglia può comportare da parte della madre, una richiesta di aiuto per l’accudimento che, non essendo raccolta dal partner o da altre figure adulte, viene indirizzata solitamente ad un figlio/a; nel caso in cui un genitore o un parente prossimo soffra di una malattia grave o invalidante che necessita di cure costanti e che comporta l’assenza della madre può verificarsi la delega delle sue funzioni genitoriali e coniugali al figlio/a;

confidenza: nel caso in cui tra i coniugi non ci sia disponibilità alla comunicazione, o nelle situazioni in cui uno dei genitori (generalmente il padre) risulti assente, cioè non disponibile come figura di riferimento e sostegno, scarsamente coinvolto nei problemi quotidiani del nucleo, il figlio/a può essere chiamato ad assolvere le funzioni vacanti di amico/confidente e di compagno/a nei confronti dell’altro genitore;

mediazione: se tra i coniugi sono presenti alti livelli di tensione, il figlio/a può essere chiamato a svolgere una funzione di mediazione nel conflitto tra i partner;

materiale: nel caso in cui la madre lavori o per altre ragioni (es: cura dei propri genitori) debba assentarsi spesso da casa, può accadere che si rivolga ad un figlio/a (in genere il/la maggiore o chi sta più tempo in casa) per l’espletamento di compiti materiali attinenti alla sfera domestica; oppure può accadere che l’aiuto dei figli venga richiesto per il lavoro fuori casa, come collaborazione.

Va detto che la funzione di supporto esplicata dall’adolescente nei confronti del padre compare, nella nostra casistica, con minore frequenza rispetto al sostegno fornito alla madre.

Alcune delle caratteristiche intrinseche dei compiti o delle responsabilità assolte dall’adolescente sono:

  1. la costanza del suo assolvimento nel tempo, unitamente alla ripetitività. Uno degli elementi costanti da cui si evince che nel nucleo familiare è presente l’esigenza di investire un figlio della funzione di supporto, è data dalla maggiore quantità di tempo che l’adolescente trascorre in casa – al di là dei tempi occupati dalla scuola – piuttosto che fuori, con gli amici (grafico 5a, 5b).

  2.  

    Grafico 5a Anno scolastico 1995-96

     

    Grafico 5b Anno scolastico 1996-97

     

     

  3. l’impossibilità a delegarlo ad altri, ad esempio ad altri fratelli che sono o troppo piccoli o, se grandi, svolgono attività prevalentemente fuori casa;

  4. la difficoltà a sottrarsi ad esso, soprattutto in relazione a meccanismi che il contesto mette in atto per assicurarsi l’adesione al compito. L’adesione al compito viene ottenuta dal contesto familiare attraverso giudizi svalutativi rispetto a comportamenti volti verso l’autonomia (non puoi fidarti di nessuno, non sei in grado di badare a te stesso, gli altri non ti capiscono come me, ecc.) e di valorizzazione rispetto l’assolvimento del compito (posso fidarmi solo di te, sei grande e puoi capirmi, sei capace, ecc.);

  5. l’inconsapevolezza della quantità di risorse impiegate per soddisfare i bisogni dell’adulto che vengono assunti come propri.

Da questa complessa interazione di elementi ha inizio un peggioramento della qualità della vita dell’adolescente, che comporta la progressiva restrizione di spazi e tempi da dedicare ad interessi e attività personali in altri campi e ambiti della propria quotidianità, quali ad esempio le relazioni con i coetanei.

 

 

Infatti, terzo fattore di rischio, strettamente connesso con il sovraccarico si è rivelato l’assenza di relazioni amicali e di confidenza con i coetanei (grafico 6a, 6b).

 

Grafico 6a Anno scolastico 1995-96

 

Grafico 6b Anno scolastico 1996-97

 

 

Per questi ragazzi/e il nucleo familiare si configura, quindi, come unico referente per la soddisfazione dei bisogni di socialità, di fiducia e confidenza.

Dai dati emerge che i ragazzi per i quali è presente il fattore "sovraccarico" ma non quello di "assenza di relazioni amicali" risultano "protetti" rispetto ad un rischio attuale di disturbo psichico specifico con formazione di un quadro sintomatico.

 

In accordo con quanto rilevato anche da altri studi sull’adolescenza (Degrate et al., 1995), quest’ultima osservazione ci porta ad ipotizzare che la presenza di relazioni significative con il gruppo dei pari (grafico 7a, 7b) possa rappresentare un fattore di protezione rispetto alla patologia che, nel caso degli adolescenti, trova terreno preferenziale di sviluppo in contesti familiari "sovraccaricanti", in situazioni di vita in cui le relazioni con i coetanei sono pressoché assenti e gli unici rapporti di fiducia e confidenza si realizzano con gli adulti, prevalentemente i genitori (Reale et al, 1993a; 1993b).

Grafico 7a Anno scolastico 1995-96

 

Grafico 7b Anno scolastico 1996-97