MASCHIO E FEMMINA: I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO NELL'ADOLESCENZA

DIRETTORE DELLA RICERCA: dr. Elvira Reale
 
Capitolo 1

IL SERVIZIO ADOLESCENTI

 di Vittoria Sardelli

 

1.         PRESENTAZIONE DELLE ATTIVITÀ

 

            Il Servizio Adolescenti si configura come un luogo di attività specifico finalizzato alla prevenzione, all’ascolto e alla risposta ai problemi degli adolescenti che rappresentano una fascia di popolazione particolarmente a rischio per l’insorgenza di condizioni di malessere psichico.

            Nel servizio, aperto nelle ore pomeridiane per facilitare l’accesso agli studenti, si svolgono le attività di: counseling psicologico, psicoterapie brevi (ciclo di otto sedute), laboratori progettuali, consulenze a genitori e insegnanti. Funziona dal ’92 ed inizialmente come spazio riservato, dall’allora Settore Salute della Donna della ex U.S.L. 39, all’intervento sui giovani con situazioni sintomatiche.

Il Servizio ha incrementato, nel corso di questi anni, l’attività  clinica (circa 100 nuovi casi di adolescenti all’anno), di ricerca e di formazione finalizzandola alla prevenzione del disagio. Sono state create solide reti di collegamento con scuole medie superiori del quartiere e di zone limitrofe e con altre istituzioni sanitarie e sociali (Consultori, Centri Sociali, ecc.) cui afferiscono i giovani.

In particolare presso il VII  I.T.C.S. (Istituto Tecnico Commerciale Statale) di Napoli è stato organizzato e coordinato per quattro anni un servizio C.I.C.  (Centro Informazione e consulenza) per gli studenti. Dai risultati di questa esperienza, documentati anno per anno, è stato elaborato un modello metodologico d’intervento di prevenzione psicologica nella scuola, trasferibile ad altri operatori sanitari e scolastici.

            Nel capitolo successivo saranno illustrati i risultati di un anno di attività del CIC che evidenziano l'utilità del "ponte" creato tra il nostro Servizio e la scuola.

            La collaborazione con il Consultorio del nostro Distretto per ottemperare alle richieste di I.V.G. (interruzione volontaria di gravidanza) ha contribuito all'ampliamento delle attività preventive in quanto, al di là delle valutazioni tecniche per le quali è stato richiesto il nostro intervento sulle minori, si è data a queste una possibilità di aggancio con il nostro Servizio per la prevenzione di un disagio collegabile, non solo con l'evento gravidanza/aborto, ma anche con  altre specifiche situazioni di vita quotidiana produttrici di malessere.

            Il rapporto con gli adolescenti sul territorio, nella Scuola e nel Consultorio, con soggetti cioè senza situazioni sintomatiche già definite, ci ha permesso di agire concretamente in senso preventivo: attrezzando i ragazzi/e all'individuazione di quelli che noi riteniamo siano i principali fattori di rischio del disagio psichico; infatti sono state loro date informazioni, in senso speculare, sui fattori di protezione sui quali orientare lo stile di vita.

 

1.1.        I presupposti  delle attività: i fattori di rischio

 

I nostri interventi partono dalla lettura dell’adolescenza come tappa di vita in cui l’individuo subisce condizionamenti e pressioni sociali determinanti per la strutturazione dell’immagine di sé e della propria progettualità. In questa fase le naturali spinte all’autonomia soggettiva, le aspirazioni, i desideri e le attitudini subiscono fortemente l’influenza dei membri del contesto familiare di appartenenza che tendono a conformare la personalità “in fieri” dell’adolescente alle proprie esigenze e ai propri modelli di ruolo. In alcuni casi può accadere che le richieste del contesto si rilevino confliggenti con le esigenze e le aspirazioni dell’adolescente e che questi, per la difficile gestione della conflittualità, sia indotto ad un “adattamento forzoso” a quanto gli viene richiesto e strutturi in proporzione la sua identità secondo un modello che penalizza e reprime la soggettività. Ed è proprio in questa situazione di difficoltà – impossibilità di un libero sviluppo e di una libera espressione del sé che dal nostro punto di vista si colloca l’origine del disagio psichico. L’inizio di una situazione suddetta, l’inizio, cioè, di una costrizione del sé e di asservimento alle esigenze altrui è emerso come elemento ricorrente dall’analisi dell’adolescenza di molte donne che si sono ammalate in età adulta  e che ritroviamo, a vari livelli di intensità , nell’analisi delle condizioni di vita degli adolescenti che arrivano al nostro Servizio.

            L’analisi delle condizioni di vita  alla luce della verifica delle possibilità o meno date all’adolescente di sviluppare la sfera del ci ha  portato a evidenziare la frequente presenza di alcuni elementi nella vita dell’adolescente precedenti l’esordio del disturbo psichico. Tali elementi risultavano indicatori di una situazione di costrizione del e precursori del disagio psichico.

            Per questi motivi li abbiamo definiti  fattori di rischio e abbiamo elaborato una metodologia per la loro individuazione e collegamento con il disturbo psichico.

            I fattori di rischio e la metodologia per la loro individuazione (modulo dell’età evolutiva)  sono ampiamente illustrati in due lavori che il nostro gruppo, come Unità Operativa del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha prodotto nell’ambito del progetto finalizzato FATMA (Reale et al., 1993a).

            L’individuazione dei fattori di rischio (Reale et al.,1993b) ci ha consentito di visualizzare, i fattori di protezione e di direzionare su questi le attività di prevenzione e l’intervento clinico del Servizio Adolescenti.

            I fattori che dal nostro punto di vista possono mettere a rischio la salute mentale dell’adolescente sono sette:

1.      Il carico familiare

2.      La restrizione delle attività e degli interessi personali

3.      La carenza di punti di riferimento esterni alla famiglia

4.      I giudizi svalutativi del contesto

5.      La percezione di incapacità soggettiva

6.      Un progetto personale  debole  veicolo delle aspirazioni del contesto

7.      L'attenzione ai malesseri occasionali di tipo psico-fisico.

 

Il passaggio da una situazione di rischio ad una situazione di malessere è determinata dalla compresenza di tutti i fattori e dal livello di saturazione di ciascuno di essi.

2.            I  DATI  DELL'INTERVENTO CLINICO

 

                La prevalenza nel Servizio di Salute Mentale dell'utenza femminile (Reale et al., 1982, 1987, 1992) ed il ritrovamento di adolescenze problematiche nelle analisi delle storie di vita delle pazienti adulte sono stati i primi elementi che, come si è detto nel paragrafo precedente, ci hanno portato a creare nel '92 uno spazio ad hoc per le attività di prevenzione e di cura rivolte all'adolescenza e, in particolare, all'adolescenza femminile che sin dall'inizio della  nostra esperienza si è delineata come fascia di popolazione a più alto rischio di disagio psichico.

            Sin dai primi tempi della sua attivazione il Servizio Adolescenti ha registrato un progressivo aumento dell'affluenza di utenti.

            Le richieste di intervento psicologico inizialmente erano espresse prevalentemente dai genitori, spesso su indicazione degli insegnanti e dei medici generici.

            In seguito sono aumentate le richieste spontanee, provenienti cioè direttamente dagli adolescenti, in relazione alla circolazione delle informazioni, anche tra i ragazzi/e, sul funzionamento del Servizio.

            Riportiamo una tabella che raccoglie in sintesi dati indicativi del numero annuale dei nuovi utenti (dai 10 ai 19 anni di età) pervenuti al Servizio Adolescenti dal 1992 al 1995.

 

 

ANNO     

FEMMINE

10-14 ANNI

MASCHI

10-14 ANNI

FEMMINE

 15-19 ANNI

MASCHI

15-19 ANNI

 

TOTALE

 

1992

 

         5

 

        10

 

        27

 

        34

 

      76

 

1993

 

       10

 

         9

 

        32

 

        31

 

      82

 

1994

 

        7

 

         6

 

        37

 

        37

 

      87

 

1995

 

        16

 

       10

 

        35

 

        32

 

      93

 

            Va detto, inoltre, che dal 1996 ad oggi è oggetto della nostra attenzione, per quanto riguarda l'utenza femminile, anche un'altra tappa di età, quella dai 20 ai 24 anni che si delinea, sempre più chiaramente, come un periodo di vita molto implicato nell'esordio di situazioni di disagio psichico.

            In essa, infatti, permangono condizioni di dipendenza oggettiva, tipiche della fase dell'adolescenza, che si intersecano, in molti casi,  con problemi adolescenziali non correttamente affrontati in precedenza.

            Possono perciò esplodere situazioni di insicurezza, solitudine e carenze di progettualità, mal celati, il più delle volte, da un'apparente normalità ed equilibrio dati da una relazione affettiva stabile. Quando questa si rompe o diventa insoddisfacente, si aprono le porte all'espressione del malessere legato alle condizioni di vita apparentemente normali.

            La ricerca su questo campo di osservazione della così detta "post-adolescenza" rientra nei nostri nuovi programmi di lavoro volti a produrre ulteriori risultati e indicazioni per la prevenzione del disagio psichico.

            Per ora riportiamo qui solo alcuni dati quantitativi sulla nuova utenza annuale di giovani donne dell'età considerata e di adolescenti di sesso femminile nel triennio 1996-1998.

 

 

     Anno

Adolescenti

Femmine < 14

Adolescenti

Femmine

15-19 anni

Post-adolescenti

femmine

20-24 anni

 

     Totale

 

     1996

 

          7

 

         37

 

         37

 

         81

 

     1997

 

          8

 

         52

 

         38

 

         98

 

     1998

 

         10

 

         36

 

         44

 

         90

 

 

 

3.            LA METODOLOGIA DELL'INTERVENTO: IL COUNSELING PSICOLOGICO

 

            L'intervento clinico del Servizio Adolescenti è a carattere preventivo in quanto viene effettuato prevalentemente in situazioni di disagio appena all'esordio e tende ad impedire sul nascere processi di cronicizzazione. La cronicizzazione infatti in questa fase di età può attuarsi in tempi brevissimi poiché i problemi sottostanti la formazione del disagio, tra cui l'isolamento dal gruppo sociale e la chiusura in famiglia, vanno ad incidere direttamente sulla strutturazione del sé, dell'identità sociale e dei progetti di realizzazione personale.

            L'intervento si articola lungo un percorso tendente al riconoscimento, da parte dell'adolescente, della presenza nella sua vita delle situazioni di rischio, menzionate precedentemente, del loro collegamento con le condizioni di vita, e della possibilità di attivare cambiamenti nello stile di vita utili al miglioramento dello stato di salute personale.

            Esso si svolge secondo un protocollo di counseling psicologico che prevede, di norma, quattro colloqui (uno alla settimana) e un colloquio di follow up dopo tre mesi.

            Se, in alcuni casi, al termine del primo colloquio, che si caratterizza come colloquio di accoglienza e di ascolto dell'adolescente, si ritiene necessario ampliare il numero degli incontri, viene proposto un ciclo di otto sedute di psicoterapia breve.

            Il counseling è, comunque, il tipo di intervento prevalente nel nostro Servizio per questa fascia di età.

            Nel primo incontro si creano le condizioni e il clima che determinano la decisione dell'adolescente di continuare il rapporto con il Servizio.

            L'operatore tende, pertanto, a stabilire con il ragazzo/a una situazione di aggancio: non dà interpretazioni precostituite dei suoi problemi né indicazioni terapeutiche immediate, ma offre uno spazio dove si possa parlare liberamente di sé e delle proprie difficoltà ad un interlocutore che non  giudica, non ha  ricette di alcun tipo per risolvere i problemi, ma è disponibile all'ascolto per trovare, insieme, una soluzione.

            L'operatore cerca di accorciare, per quanto è possibile, le distanze dall'adolescente alleggerendogli il peso della soggezione psicologica  del tecnico adulto. Dà  rassicurazioni sulla segretezza del colloquio e sull'evitamento di comunicazioni sotterranee con i familiari, precisando che terrà conto solo di ciò che il ragazzo/a vorrà dirgli. L'adolescente deve "sentire" che l'operatore è dalla sua parte e che, quindi, con lui può aprirsi.

            Lo strumento metodologico usato nella conduzione del primo colloquio è il Modulo dell'età evolutiva (CNR,1995), da noi elaborato con il duplice scopo di:

-         raccogliere, seguendo specifici indici di rilevazione, informazioni sulle condizioni sociali dell'adolescente e dei suoi familiari, sui problemi per i quali è stata fatta la richiesta di aiuto al Servizio;

-         individuare rapidamente la presenza e l'intensità dei fattori di rischio nelle varie aree in cui si esplica l'esistenza quotidiana dell'adolescente.

            Gli elementi emersi dal modulo forniscono all'operatore una guida di orientamento per la conduzione dei colloqui successivi nel senso che delineano "zone a rischio" su cui focalizzare l'attenzione dell'adolescente affinchè questi possa visualizzare situazioni di sovraccarico e di pressione ambientale cui va collegato il proprio disagio.

            Il sovraccarico nell'adolescente si esplica generalmente attraverso una funzione di supporto svolta nei confronti di uno o di entrambi i genitori.

            Esso si configura in termini di "ruolizzazione precoce" nel senso che l'adolescente è chiamato, per situazioni materiali e psicologiche del nucleo familiare ad assumere dei compiti e delle responsabilità che generalmente toccano ai genitori. La  funzione di supporto si accompagna spesso ad una situazione di chiusura  rispetto al mondo esterno con una progressiva riduzione di spazi ed interessi personali, del tempo libero e delle relazioni amicali. L’assunzione di responsabilità non adeguate all’età adolescenziale, ma più specifiche dell’età adulta, si concretizza in compiti che vanno dall’aiuto materiale al sostegno psicologico, come amico/confidente del genitore, al ruolo di mediatore dei conflitti di coppia  o di “difensore” del più debole,  a quello di sostituto nelle funzioni genitoriali. Nella maggioranza dei casi, al di fuori dei tempi esterni obbligati, ad esempio la scuola, l’adolescente tende a stare a casa trovando nell’ambito familiare le risposte ai suoi bisogni di socialità e di confidenza, il che spesso si traduce in una amplificazione dei sentimenti di sfiducia nei confronti degli altri e di inadeguatezza rispetto alle proprie capacità relazionali all’interno del gruppo dei pari.

La necessità di dare all’adolescente una funzione di supporto alla vita familiare comporta anche una tendenza, da parte degli adulti, ad invalidare il suo giudizio e le sue scelte.  

            L’adolescente chiamato a svolgere una funzione di supporto appare spesso dubbioso, insicuro, con un’immagine di sé di debolezza ed incapacità: questi vissuti e percezioni di sé precedono l’insorgenza dei disturbi psichici e si intensificano se non vengono mutate le condizioni di vita che le hanno prodotte.

           I genitori colgono abbastanza presto la pericolosità di questi segnali se provengono dal comportamento dei figli maschi: l’inibizione, l’isolamento, la paura di allontanarsi dalla famiglia e la mancanza di assertività  si oppongono, in maniera evidente,  ai comportamenti previsti dal modello di ruolo maschile e pertanto sono oggetto di preoccupazione e in tempi brevi, di delega al tecnico.

           Per le figlie femmine il discorso è diverso. I comportamenti suddetti non confliggono con il modello di ruolo previsto per le donne e, pertanto, l’invio al tecnico è effettuato solo quando quei comportamenti sono diventati disfunzionali alle esigenze familiari.

            La strategia terapeutica per raggiungere gli obiettivi dell'intervento è compiere con l'adolescente un'analisi della sua vita tenendo sempre presente:

 

a)                         che esiste una contrapposizione tra i suoi interessi e quelli del contesto familiare;

b)                         che il disagio rappresenta la sconfitta dell'adolescente e la rinuncia ai suoi interessi;

c)                         che è necessario stimolarlo a leggere fatti, rappresentazioni e vissuti alla luce di tale contrapposizione per il recupero e il rinforzo di sé.

 

            Si evidenziano, pertanto, ai suoi occhi le differenze tra le sue condizioni di vita e quelle degli altri membri del contesto familiare; le disparità rispetto a compiti e responsabilità assunti in ambito familiare; si stimolano le riflessioni sui vantaggi personali che egli ricava da tale assunzione e i vantaggi che ne ricavano gli altri.

            Si demarcano le differenze tra le richieste del contesto e le sue richieste e aspirazioni, tra i piani del desiderio e quelli del suo agire quotidiano.

            L'individuazione delle condizioni che abbiamo definito a rischio è accompagnata dall'analisi dei loro effetti sull'adolescente in termini di vissuti soggettivi, atteggiamenti e valutazione di sé affinchè egli rintracci, in questi, gli elementi di formazione del suo disagio.

            In questo senso anche il sintomo verrà inteso dall'adolescente come l'effetto di una progressiva e massiccia riduzione di spazi di interesse personale e la sua origine verrà rintracciata nelle sue prime riflessioni su un sé incapace di affrontare gli eventi della vita quotidiana.

            Il nostro lavoro con gli adolescenti significa, innanzitutto, aiutarli a ricollocare i sintomi (o il disagio non ancora espresso in forma sintomatica) nel quotidiano che li ha prodotti, a scoprire i fatti e le circostanze che hanno alimentato la percezione di una propria diversità rispetto ai coetanei, fino alla lettura di questa diversità in termini di malattia.

            Si approfondisce, quindi, anche l'analisi degli eventi concreti collegabili all'insorgenza dei sintomi, rintracciando oltre quelli già indicati dal modulo, altri che emergono nel corso dei colloqui..

            Gli eventi di vita che più frequentemente risultano collegabili all’esordio del disturbo psichico sono dal nostro punto di vista: la perdita/delusione affettiva, il lutto, il fallimento scolastico, il fallimento di un progetto lavorativo/affettivo, l'inizio di un rapporto affettivo, l'inizio di una nuova attività, una malattia grave propria o di un familiare, il cambiamento di residenza, il cambiamento di composizione del nucleo familiare,  il servizio militare, l’abuso sessuale.

            Ciascuno di questi eventi viene considerato in base al peggioramento che può apportare nella qualità della vita dell’adolescente nel senso di ulteriore sovraccarico (nel caso per esempio della malattia di un familiare all’adolescente può essere richiesta la sua sostituzione in compiti svolti da quel familiare) e ulteriori restringimenti degli spazi e dei tempi fuori casa.

            Si esplorano le aree fuori dall'ambito familiare: la scuola, gli interessi, gli amici, per verificare con l'adolescente se l'assorbimento nel ruolo di supporto abbia causato restrizioni o blocchi attribuiti da lui ad una propria incapacità.

            Le carenze e/o la riduzione dei rapporti amicali è risultata essere una costante nella vita dell'adolescente, soprattutto dell'adolescente di sesso femminile, prima dell'esordio del disturbo psichico.

            Essa è indicativa della necessità di attivare sin dall'inizio dell'intervento il fattore di protezione rappresentato dalla rete amicale che si ricerca, nell'immediato, di potenziare.

            L'esplorazione del quotidiano è accompagnata dall'analisi dei modelli familiari e della ricerca delle modalità attraverso le quali viene catturato il suo consenso a conformarsi alle richieste e ai modelli del contesto.

            Si tratta prevalentemente dei giudizi di incapacità/capacità espressi dall'ambiente nei confronti dell'adolescente tendenti ad incentivare in lui scelte e comportamenti conformi solo alle richieste che gli vengono espresse.

            Parallelamente si analizza la percezione che l'adolescente ha strutturato di se stesso in risposta ai giudizi espressi dal contesto nei suoi confronti.

            Se il contesto ha raggiunto il suo scopo l'adolescente tende a percepirsi debole e incapace fuori casa, più sicuro e capace dentro casa.

            Vanno, perciò, recuperati ed evidenziati gli elementi che dimostrino l'arbitrarietà di alcuni giudizi espressi nei suoi confronti e che riducano la percezione di una propria incapacità e rinforzino i vissuti di sicurezza e fiducia in sè.

            Si analizza la percezione che egli ha dei genitori, del loro rapporto e del ruolo da lui attribuito a ciascuno dei due all'interno della coppia (ruolo di vittima, attribuito prevalentemente alla madre e ruolo di prevaricatore attribuito prevalentemente al padre).

            Questo tipo di analisi tende ad una revisione delle posizioni di debolezza o di forza che l'adolescente ha finora attribuito a ciascuno dei genitori e alla riduzione del suo invischiamento nelle problematiche della coppia che gli impediscono di utilizzare le proprie energie per sé e per la crescita personale verso l'autonomia.

            La ricerca e la riflessione su vicende e atteggiamenti degli adulti che possano gettare ombre sul quadro che egli ha di un genitore debole e bisognoso di aiuto contro un altro egoista e anaffettivo stimolano nell'adolescente una visione più equilibrata del rapporto di coppia che lo aiuta a svincolarsi, alleggerendo i suoi sensi di colpa, dal ruolo di sostegno svolto finora nei confronti del genitore "più debole" e a ristabilire un rapporto diverso con ciascuno dei due.

Viene, inoltre, focalizzata l'attenzione sul progetto di realizzazione personale elaborato dall'adolescente per sondare se sia espressione delle sue esigenze o di quelle del contesto.

           Dalla nostra esperienza clinica risulta che se le pressioni ambientali coartano la libera iniziativa dell'adolescente e vincolano la sua progettualità all'obbligo di assecondare ciò che gli altri si aspettano da lui: in questa prospettiva risulterà difficile per l'adolescente reggere il peso delle aspettative altrui e non sviluppare sentimenti di inadeguatezza e di incapacità in caso di fallimento o scarsa produttività.

            Si esaminano inoltre altri tipi di progetti possibili, eventualmente dismessi ed accantonati sotto le pressioni familiari, per consentirgli uno spazio per la elaborazione e la costruzione di progetti maggiormente rispondenti alle aspirazioni personali.

            In sintesi, lungo tutto l'intervento si tende al riconoscimento da parte dell'adolescente della propria individualità separata da quella altrui, delle proprie capacità, competenze, ma anche desideri ed aspirazioni  sottratti alla sfera del "dover essere come gli altri, ma anche i modelli culturali e di ruolo, vogliono che io sia".

            Tale comprensione migliora il rapporto con se stesso, riduce le distanze e le difficoltà con il mondo esterno ed anche con quello familiare, e consente l'avvio di cambiamenti nello stile di vita più  funzionali al proprio  benessere.

 

4.          LE PRIME OSSERVAZIONI  SULLA DIFFERENZA DI GENERE

Il Settore Salute della Donna, oggi Centro Prevenzione Salute Mentale della Donna della ASL Napoli 1, ha condotto una ricerca non pubblicata (E. Reale et al., 1993) di tipo quantitativo sull’utenza generale del Servizio e di tipo qualitativo sull’utenza in età adolescenziale e giovanile.

            Il primo dato da evidenziare è che l’utenza femminile superava, come oggi, quella maschile.

            Essa infatti costituiva il 60,72% dell’utenza complessiva del Servizio, mentre quella maschile era il 39,28%.

            La rappresentazione grafica della distribuzione dei dati riguardanti l’età ed il sesso degli utenti delinea due curve con due picchi di utenza diversi: quello riguardante le donne va da 30 ai 39 anni d’età, quello riguardante gli uomini va dai 15 ai 24  anni d’età.

            Per le donne si registra un progressivo aumento della frequenza di utenza dall’adolescenza in poi. L’aumento è calcolato sia in dati assoluti sia nel rapporto in percentuale tra la popolazione del Servizio e la popolazione generale.

            Per quanto riguarda gli uomini non si evidenzia una crescita della frequenza di tipo omogeneo dall’adolescenza in poi.

            Una possibile spiegazione sia della diversa distribuzione di frequenza del disagio femminile rispetto a quello maschile, sia della presenza costante delle donne con disagio in tutte le fasce d’età, a partire dall’adolescenza, può essere messa in relazione, oltre che con condizioni di vita più difficili tra le donne, anche con una minore capacità di prevenzione, ovvero di leggere il disagio all'interno della vita quotidiana dove  inizialmente ha origine, da parte delle strutture sanitarie nei confronti del sesso femminile.

 Il contesto ambientale ha così, secondo noi, maggiori difficoltà a cogliere e a decifrare il disagio dell’adolescente femmina rispetto a quello dell’adolescente maschio.

            Questa interpretazione è suggerita dal fatto che le adolescenti vengono portate al tecnico solo quando i loro comportamenti sono disfunzionali ai compiti familiari e le relazioni con i familiari sono ormai disturbate.

            Non destano allarme, o destano meno allarme, il non avere amicizie, non frequentare la scuola e l’avere un cattivo rendimento scolastico e professionale, che sono invece fattori di rischi e segnali di disagio sia per i maschi che per le femmine..

            Questi comportamenti di rischiosi camuffano maggiormente per il modello sociale che attribuisce alle donne in prevalenza caratteri come: la passività, l’inerzia, la mancanza di iniziativa e di progettualità sociale/professionale. E così queste caratteristiche dei comportamenti delle adolescenti sono rassicuranti per i familiari che tendono maggiormente a nutrire preoccupazioni legate alla sfera della sessualità e all'eccesso di iniziativa.

            Il malessere proprio dell’età adolescenziale che consiste, prevalentemente, nell’insicurezza e nella paura di affrontare il mondo esterno, nella difficoltà ad individuare e costruire la propria identità sessuale e sociale, non dà, per quanto riguarda le ragazze, quella serie di segnali capaci di allarmare il contesto familiare e ambientale.

            Inoltre le prime esperienze di autonomia, il fidanzamento, spesso non allontana la ragazza dalla famiglia ma costituisce un’ulteriore esperienza di chiusura rispetto al mondo esterno. Infatti accade spesso che il rapporto con il partner (prima il fidanzato e poi il marito), sognato come liberazione dai vincoli del nucleo familiare, divenga un’altra occasione di chiusura e di allontanamento della donna dagli interessi sociali.

            Sembra che il disturbo psichico nell’adolescenza maschile sia colto più facilmente in questa fase (adolescenza), nella fase cioè in cui è ancora all'inizio e produce le prime manifestazioni; mentre il malessere femminile adolescenziale sembra venga più facilmente accantonato e colto più tardi (nella tappa intorno ai 35 anni), mostrando però, anche nella fase successiva, legami più stretti con la storia adolescenziale.

            Il malessere maschile è colto ai suoi primi segnali perché i familiari si allarmano quando il proprio figlio non vuole andare a scuola, quando non vuole uscire di casa e quando non ha amici.

            A ciò si aggiunge un’altra pietra miliare del percorso di vita del maschio: il servizio militare. Il confronto con questo evento, l’allontanamento dalla famiglia che tende a evidenziare le difficoltà di autonomia del ragazzo e la dipendenza dei rapporti familiari, costituisce un test importante per l’individuazione dei malesseri tipici dell’età giovanile.

            Al di là dell’analisi delle curve di disagio psichico per i due generi che evidenzia un picco maschile in età adolescenziale e quello femminile in età posteriore, rimane comunque confermato il dato generale della prevalenza del disagio femminile nell’adolescenza e nelle età successive.

            Questa prevalenza è indizio quindi di peggiori condizioni di vita, di una maggiore pressione sociale sulle donne (doppio carico di lavoro, minore autonomia economica, maggiori responsabilità, ecc); ma anche dell'orientamento medico che tende a " ricercare e scoprire"  per la donna eziologie e fattori di rischio meno collegati con l'ambiente di vita  e più dipendenti  dai fattori  costituzionali e biologico-ormonali.